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GLI EBREI STRANIERI CON CITTADINANZA ITALIANA

L'ultima categoria di internati che viene presa in esame è quella degli ebrei stranieri i quali, all'atto della promulgazione delle leggi antiebraiche, risultavano in possesso della cittadinanza italiana.
Equiparati ai cittadini italiani godevano, quindi, di tutti i diritti civili e politici che, tra l'altro, avrebbero dovuto garantire loro la protezione da parte del governo italiano, qualsiasi esso fosse.
Al contrario, essi furono presi particolarmente di mira dal fascismo che, con uno dei primi atti della politica antiebraica, revocò la cittadinanza a tutti quelli che l'avevano acquisita dopo il 1 gennaio del 1919.i
Questo provvedimento faceva parte dell'insieme delle disposizioni con le quali il regime fascista intendeva liberarsi degli ebrei stranieri - ex cittadini resi apolidi e profughi ugualmente apolidi - che erano presenti in Italia al momento dell'emanazione delle leggi razziali e, come si vede, è in linea con le politiche discriminatorie messe in atto dagli stati nei quali, durante gli anni intercorsi tra le due guerre, nasceva il totalitarismo secondo il "modello" descritto da Hannah Arendt. ii
I decreti che resero esecutiva la revoca della cittadinanza per gli ebrei stranieri che l'avevano acquisita dopo il 1 gennaio del 1919 recano in intestazione il riferimento alle norme che ne avevano consentito la concessione. iii
Si ritiene utile riportare le parti essenziali di ciascuna di esse, per evidenziare quali e quanti diritti il provvedimento - sommandosi anche alle altre disposizioni antiebraiche - togliesse alle persone alle quali era destinato.
Le concessioni della cittadinanza italiana agli stranieri erano state regolate fin dagli anni precedenti la prima guerra mondiale all'interno della legge n.555 del 13 giugno del 1912 sulla cittadinanza italiana e molti ebrei l'avevano ottenuta con un decreto reale, secondo quanto stabilito dall'art. 4iv
L'esito della prima guerra mondiale comportò, però, la necessità di affiancare a questa prima legge una serie di altri provvedimenti che dovevano regolamentare la situazione dei residenti nel Trentino e nel Friuli Venezia Giulia che da cittadini dell'Impero Asburgico passavano sotto la giurisdizione dello Stato italiano. In principi generali ai quali attenersi in questa transizione vennero fissati all'atto della stipulazione del trattato di Saint Germain concluso il 10 settembre del 1919.
Con gli articoli che vanno dal 70 al 78. vennero stabiliti i criteri in base ai quali si diventava cittadino italiano di pieno diritto o, comunque, mediante i quali garantita la possibilità di optare per la cittadinanza italiana che, in questo caso, veniva acquisita per "elezione", cioè per scelta. v
L'attuazione di questi articoli fu regolata con il Regio Decreto n. 1890 del 30 dicembre 1920 cui seguì quello n. 43 del 29 gennaio 1922. vi
Nel Friuli Venezia Giulia - in particolare a Trieste - la presenza ebraica era molto consistente e ben radicata. Lo stesso valeva per la città di Fiume e per tutto il territorio della Provincia del Carnaro diventata italiana solo nel 1924.
Mentre molti ebrei triestini potettero accedere più rapidamente alla cittadinanza in dipendenza da quanto stabilito dai trattati e dalle leggi italiane da essi dipendenti, nella Provincia del Carnaro l'acquisizione della cittadinanza fu risolta molto più tardi, con due decreti emanati rispettivamente nel maggio del 1927 e nel dicembre del 1928.
Oltre alla possibilità di ottenere la cittadinanza tramite l'"elezione", si introduceva la procedura detta "per concessione". In tutti e due i casi era il prefetto che aveva potere decisionale e solo successivamente il Consiglio di Stato. vii
E' quindi palese come per le Comunità ebraiche di Trieste e di Fiume - ai primi posti per numero di iscritti - il provvedimento di revoca si tramutasse quasi in una beffa in quanto i loro componenti difficilmente avrebbero potuto acquisire la cittadinanza italiana prima del 1919.
L'ultima norma in base alla quale uno straniero poteva ottenere la cittadinanza italiana è il Decreto Legge n. 1997 del 1 dicembre 1934. In base ad esso - come accadeva in base alle precedenti norme - l'acquisizione della cittadinanza comportava il godimento di diritti privati e politici. viii
Al 5 marzo del 1939, secondo le statistiche prodotte dalla Demorazza, gli ebrei stranieri residenti in Italia che avevano ottenuto la cittadinanza negli anni successivi al 1919 erano 1126.
Scorrendo gli elenchi si nota che questo numero è approssimato per difetto. Infatti, così come la cittadinanza del capofamiglia veniva estesa al coniuge ed ai figli minorenni (o anche maggiorenni, salvo altra loro scelta o condizione) agli stessi veniva revocata se il capofamiglia fosse divenuto apolide.
Solo alcuni dei decreti di revoca riportano anche il numero dei familiari coinvolti, mentre la maggioranza contiene nomi singoli, per cui è impossibile verificare quante altre persone furono colpite dal provvedimento. ix
Per quanto riguarda la residenza, prevalgono gli ebrei che vivevano a Trieste e a Fiume, seguiti da quelli che vivevano a Milano e a Roma. Altri - poche decine - risiedevano a Firenze, Bologna e Napoli, mentre in altre città, quasi tutte del nord, il numero si riduceva a qualche unità. Nel sud, il numero degli ebrei stranieri cui viene revocata la cittadinanza italiana ammonta a poche unità ed è documentata solo per Palermo e Catania.
Se, invece, si confrontano questi numeri con quelli di coloro che - rimasti in Italia anche dopo il 12 marzo del 1939 - vennero internati insieme ai profughi si scopre che furono molti quelli che sfuggirono al provvedimento, forse perché ne erano esclusi per età o per altra condizionex o forse perché, nel frattempo, erano emigrati. xi
In più il numero esatto degli ebrei con cittadinanza italiana resi apolidi, equiparati quindi agli ebrei stranieri, ed internati risulta ancora incerto, sempre in dipendenza della definizione della condizione loro attribuita dai compilatori dei documenti che costituiscono le fonti primarie di questa ricerca.
Accade, infatti, che solo per un numero limitato di essi - principalmente per quelli che provenivano dalla Provincia del Carnaro - i documenti contenuti nei fascicoli personali consentono di verificare la loro condizione di "apolidi già italiani". Per tutti gli altri viene indicata solo la condizione di apolidia, se non addirittura la nazionalità originaria e solo un paziente controllo incrociato - ancora in corso - tra le varie fonti consentirà di pervenire al numero esatto.


i Ci si riferisce al Regio Decreto Legge n.1381 del 7 settembre 1938 (Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri) e agli articoli 23,24 e 25 del Regio Decreto Legge n.1728 del 17 novembre 1938 (provvedimenti per la difesa della razza italiana).
ii Anche in Francia si procedette a revocare la cittadinanza concessa agli ebrei stranieri. Questo avvenne subito dopo l'occupazione tedesca, per volontà del generale Petain. Il 22 luglio 1940, infatti, il governo di Vichy emanò un decreto legge con il quale dovevano essere revocate tutte le cittadinanze concesse a partire dal 1927. Furono 8000 gli ebrei che diventarono apolidi. Il 4 ottobre del 1940, ebrei apolidi e rifugiati furono costretti alla residenza coatta o internati nei campi. CFR Raul Hilberg, La distruzione degli ebrei d'Europa, tomo II, p. 649 e segg.
iii I decreti sono reperibili in ACS,MI,DGPS,DAGR, A16 (Stranieri e ebrei stranieri) b.7
iv Il testo originario di questo articolo era il seguente: "La cittadinanza italiana, comprendente il godimento dei diritti politici, può essere concessa per decreto Reale, previo parere favorevole del Consiglio di Stato: allo straniero che abbia prestato servizio per tre anni allo Stato italiano, anche all'estero; allo straniero che risieda da almeno cinque anni nel Regno; allo straniero che risieda da tre anni nel Regno ed abbia reso notevoli servigi all'Italia od abbia contratto matrimonio con una cittadina italiana; dopo un anno di residenza a chi avrebbe potuto diventare cittadino italiano per un beneficio di legge, se non avesse omesso di farne in tempo utile espressa dichiarazione." Successivamente fu modificato con il R.D.L. 1° dicembre 1934, n.1997 nel seguente modo: "La cittadinanza italiana, comprendente il godimento dei diritti politici, può essere concessa con decreto reale, sentito il Consiglio di Stato: allo straniero che abbia prestato servizio per tre anni allo Stato italiano, anche all'estero; allo straniero che risieda da almeno cinque anni nel [Regno]; allo straniero che risieda da due anni nel [Regno] ed abbia reso notevoli servigi all'Italia [od abbia contratto matrimonio con una cittadina italiana] (6);dopo sei mesi di residenza, a chi avrebbe potuto diventare cittadino italiano per beneficio di legge, se non avesse omesso di farne in tempo utile espressa dichiarazione. E' in facoltà del Governo di concedere in casi eccezionali e per speciali circostanze, la cittadinanza italiana a persone nei cui confronti non ricorrano le condizioni previste nei numeri 1 e 4 del presente articolo. Cfr. http://www.amblima.esteri.it/resource/2007/03/12736_f_amb61Legge13giugno1912n_555sullacittadinanzaitaliana.htm
v Questi i passaggi degli articoli cui si fa riferimento nel testo: Art. 70. Chiunque abbia la pertinenza in un territorio che faceva parte dei territori dell'antica Monarchia austro-ungarica acquisterà di pieno diritto, a esclusione della cittadinanza austriaca, la cittadinanza dello Stato che esercita la sovranità sul territorio predetto. Art. 71. Nonostante la disposizione dell'art. 70 per quanto concerne i territori trasferiti all'Italia, non acquisteranno di pieno diritto la cittadinanza italiana: 1. coloro che hanno la pertinenza nei detti territori, ma non vi sono nati; 2. coloro che hanno acquistato la pertinenza nei detti territori dopo il 24 maggio 1915, o che l'hanno acquistata soltanto in dipendenza della propria carica. Art. 72. Le persone indicate all'art. 71 e coloro: A) che hanno avuto una pertinenza anteriore nei territori trasferiti all'Italia, o di cui il padre, o la madre se il padre è ignoto, aveva la pertinenza nei detti territori; B) che hanno servito nell'esercito italiano durante la presente guerra, o i loro figli, - potranno eleggere la cittadinanza italiana nelle condizioni stabilite dall'art. 78 per il diritto di opzione. […] Art. 74. Se l'elezione della cittadinanza italiana, a norma dell'art. 72, non è fatta o è respinta, le persone di cui si tratta acquisteranno di pieno diritto la cittadinanza dello Stato che esercita la sovranità sul territorio nel quale avessero avuto la pertinenza prima di acquistarla nel territorio trasferito all'Italia. […] Art. 78. I maggiori di 18 anni che perdono la cittadinanza austriaca e acquistano di pieno diritto una nuova cittadinanza, a norma dell'art. 70, avranno facoltà, durante un anno dall'entrata in vigore del presente Trattato, di optare per la cittadinanza dello Stato in cui avevano la pertinenza prima di acquistarla nel territorio trasferito. L'opzione del marito implicherà quella della moglie e l'opzione dei genitori quella dei figli minori di 18 anni. Cfr: V. Petaros Jeromela, Amministrazione militare dell'amm. Enrico Millo, Quaderni, vol. XXIII, 2012, p. 39-77 - I trattati di pace e la loro influenza sull'amministrazione militare dell'ammiraglio Enrico Millo in http://petaros.altervista.org/wp-content/uploads/2015/11/I_trattati_di_pace_e_la_loro_influenza_s.pdf
vi A) R.D. 30 dicembre 1920 n. 1890, che, in esecuzione dei trattati di pace, regola, nei territori annessi al Regno, il riconoscimento della cittadinanza di pieno diritto, l'esercizio del diritto di opzione e gli altri modi di acquisto del diritto di cittadinanza per le persone fisiche e giuridiche, in http://www.prassi.cnr.it/prassi/content.html?id=1722.
L' art. 1 del decreto prevedeva che: "Per coloro che nei territori annessi al Regno d'Italia acquistano la cittadinanza italiana di pieno diritto ai sensi degli articoli 70 e 71 del Trattato di San Germano, tale diritto sarà accertato dal Comune di pertinenza" B) R.D.L. 29 gennaio 1922 n. 43, che reca norme relative al conseguimento della cittadinanza italiana nelle nuove Provincie (Leggi e Decreti, 1922, pp. 459-461). Art. 2. In casi particolarmente degni di considerazione, la cittadinanza italiana potrà essere concessa, per decreto Reale, a norma dell'art. 8 del R. decreto 30 dicembre 1920, n. 1890, previo parere favorevole del Consiglio di Stato, su domanda presentata entro sei mesi dalla pubblicazione di questo decreto, anche quando non concorrano tutte le condizioni indicate nel predetto articolo.
vii Rispettivamente il Decreto legge n. 723 del 12 maggio 1927 e il n.2698 del 2 dicembre del 1928, rinvenibili il primo in http://augusto.digitpa.gov.it/gazzette/index/download/id/1928288_P1 e il secondo in http://augusto.digitpa.gov.it/gazzette/index/download/id/1927116_P1
viii Il testo del decreto è sintetizzato in Salvatore Pugliatti, Scritti giuridici, II 1937-1943, Edizioni Giuffrè
ix Gli elenchi comprensivi di familiari sono cinque e riguardano in particolare ebrei residenti a Trieste. Il numero totale delle persone destinatarie del provvedimento in essi indicato ammonta a 376. Gli altri 132 elenchi contengono, complessivamente 1258 nomi, compresi quelli di molti altri ebrei triestini
x I ricorsi al Consiglio di Stato contro il provvedimento di revoca della cittadinanza furono molti. In generale vennero respinti, ma non mancano casi nei quali è documentato il loro accoglimento. G. Speciale, Giudici e razza nell'Italia fascista, G.Giappichelli editore, Torino 2007, pp. 94-99
xi Solo dalla Provincia del Carnaro, a partire dal 1938, lasciarono l'Italia circa 400 ebrei, per lo più giovani.

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