Dai Questionnaires - Le storie Indice I dati

DAI FASCICOLI PERSONALI: L'ESITO DELLE RICHIESTE ALL'IRO

I risultati dell'analisi dei fascicoli intestati ai 519 ebrei stranieri ex internati in Italia o arrivati dai campi gestiti da italiani nella Jugoslavia occupata dopo l'8 settembre del 1943, e che si rivolgono alla nuova Organizzazione a partire dal 1946, dimostrano come, in realtà, non fosse facile accedere alle diverse opzioni di assistenza che essa avrebbe dovuto fornire in base al mandato ricevuto.
Alla più generale, quella della cura e del mantenimento ne risulta ammesso il 3,4%, alla sola protezione legale e politica è ammesso lo 0,1%, mentre il 5,9% è dichiarato del tutto non idoneo all'assistenza. Per le altre voci, quelle che maggiormente interessano la ricerca, i dati vengono forniti nel momento in cui esse vengono trattate.

I rimpatri al tempo dell'IRO

Sappiamo che, contrariamente all'URRNA, l'IRO nasce per favorire

l'emigrazione, il reinsediamento e il reinsediamento in altri paesi di individui o nuclei familiari e per quanto necessario e praticabile, nei limiti delle risorse disponibili e soggetti alla normativa finanziaria pertinente, l'indagine, promozione o esecuzione di progetti di ricollocazione di gruppo o reinsediamento su larga scala, ma che anche il rimpatrio era ancora considerato "il principale passaggio consiste nell'incoraggiarle a tornare nel loro paese d'origine e favorire il loro ritorno con tutti gli aiuti possibili. 1

Sono alcune decine gli ebrei stranieri già internati in Italia che, in seguito alla valutazione della loro storia vengono dichiarati "eligible for repatriation", a volte anche con l'aggiunta di "only". In maggioranza è il funzionario intervistatore/valutatore a proporre questa opzione, ma non mancano anche alcuni casi in cui è il richiedente stesso, almeno in qualcuno dei moduli compilati in occasioni diverse, ad inserirla tra le proprie scelte per il ricollocamento.
Per quanto riguarda l'esito, va detto preliminarmente che in nessuno dei casi emersi, questa opzione viene attuata.

Di seguito, alcune storie esemplari.

1) Raffael Nathan era nato a Salonicco il 3 marzo del 1907, ma viveva a Skoplje dove gestiva agenzie immobiliari e di import export. Nel 1941, quando i tedeschi occupano la Jugoslavia e inizia la persecuzione razziale, fugge in Albania e vive di risparmi. Si trasferisce a Tirana nel 1942. Nel dicembre del 1943, quando i tedeschi occupano l'Albania, attraversa l'Adriatico con una nave da pesca e arriva in Italia. Viene accolto prima nel camp Transit n. 1. 1944, poi è trasferito a Molfetta. Nell'agosto del 1944 lascia il campo e si stabilisce a Napoli e nel dicembre successivo a Roma, rimanendo sempre assistito dall'UNRRA. All'IRO chiede di poter emigrare in Uruguay e è disposto pagare la metà del trasferimento viaggio. In Grecia non può tornare, perché non vi conosce nessuno, avendoci vissuto solo fino al 1922.
Nella valutazione apposta in calce al questionario è definito sincero e intelligente nelle sue dichiarazioni, ma le obiezioni vengono considerate non valide e viene dichiarato idoneo per rimpatrio, in Grecia se lo desidera, altrimenti è fuori del mandato dell'IRO.

2) Hacker Alfred era nato a Vienna il13.09.1887. Nel maggio del 1939, con la moglie e i tre figli, fugge ed entra illegalmente in Italia. Nel luglio del 1940 viene arrestato e internato ad Isola del Gran Sasso (TE). Nell'ottobre del 1941 viene trasferito a Ferramonti insieme alla sua famiglia e nell'ottobre del 1942 a Gazzaniga in provincia di Bergamo. Al momento dell'armistizio fugge sulle montagne intorno a Bergamo, vicino a Gandino e vive con dei contadini, spostandosi molte volte. Finita la guerra, torna a Gandino e impara il mestiere dell'orologiaio che eserciterà anche a Milano dove la famiglia lo raggiunse dopo pochi mesi. Tutti insieme desiderano emigrare in negli Stati Uniti o in Argentina. Secondo il valutatore i suoi documenti sono in ordine e il suo viaggio a Vienna - dove è tornato per qualche giorno nel dicembre del 1948, per controllare con i suoi occhi la situazione prima di decidere di emigrare - è registrato nel suo passaporto. Sembra aver detto la verità. Sembra anche una persona attiva, eppure le sue obiezioni non vengono considerate valide e viene dichiarato idoneo per rimpatrio. Grazie anche alla raccomandazione dell'AJDC viene intervistato ancora due volte, ma la valutazione rimane la stessa. Nel 1951 è ancora in Italia, e sembra voler mettere fine ai suoi rapporti con l'IRO e precisare la sua posizione anche con le autorità italiane, dichiarando che: "Il sottoscritto non [ha] mai chiesto il rimpatrio, perché pensa di sistemarsi definitivamente in Italia.

3) Fischer Otto era nato a Nasice il 05.08.1902 Nel 1927 lavorava a Zagabria nella propria azienda e viveva con la propria famiglia. Il 26 aprile del 1941, fu arrestato dalla Gestapo e deportato a Graz in Austria dove rimase fino al mese di agosto, quando fu riportato a Zagabria. Egli riuscì a fuggire e a raggiungere Susak, in quel momento italiana, dove viveva la famiglia della moglie. Nell'aprile del 1942 fu internato a Montecatini, nel mese di giugno del 1942 raggiunto dalla sua famiglia fu internato a Prunetta, sempre in provincia di Pistoia. Il 23 settembre del 1943 fu arrestato dai tedeschi, portato prima in carcere a Montecatini, poi a Firenze e da qui deportato insieme ad altre 700 persone (ufficiali americani, inglesi, polacchi, greci e italiani) a Lathen, sei chilometri dalla frontiera tedesca. Dopo numerose petizioni per essere trasferito in un campo di prigionia per ufficiali jugoslavi, come ufficiale della riserva, nel dicembre del 1943 fu spostato a Osnabruck. Il 9 giugno del 1944 fu trasferito a Strassbourg e, successivamente a Barkenbrugger, dove rimase fino all'aprile del 1945, quando fu liberato. Tornato a Prunetta, trovò solamente il figlio, perché tutta la sua famiglia era stata deportata nel dicembre del 1943 dai nazisti in Polonia e tutti i componenti erano morti in vari campi.Il suo racconto è confermato dai documenti. Intervistato il 9 novembre 1949, dichiara di non avere più nessuno in patria e di essere un convinto democratico e di non poter vivere in una nazione comunista, sotto un regime dittatoriale. Viene dichiarato rifugiato, vittima, con valide obiezioni al rimpatrio ed idoneo per il ricollocamento negli Stati Uniti e per gli altri servizi dell'IRO. L'11 novembre del 1949 viene confermata la sua idoneità per l'emigrazione. Pochi giorni dopo, l'8 dicembre, la Questura di Pistoia- interpellata di nuovo dai funzionari dell'IRO? - scrive di essere contraria al fatto che Otto Fischer sia considerato rifugiato, perché, quando entrò in Italia nel 1945 con un passaporto valido, che gli era stato rilasciato in Jugoslavia non si dichiarò mai tale. In conseguenza di ciò, l'IRO deve ritirare il documento di identità che gli ha concesso, invitandolo nel contempo a lasciare, unitamente al figlio, il territorio italiano entro breve tempo. Otto Fischer viene richiamato per essere sottoposto ad un secondo Questionnaire, il cui testo, però, manca nel fascicolo. Gli ultimi documenti dimostrano che nel 1952 è ancora in Italia, senza che sia possibile evincere dai documenti come e quando si siano interrotti i suoi rapporti con l'IRO.

4) Kuhn Benno era nato a Berlino il 07.09.1878. Entra clandestinamente in Italia e lavora come commerciante di Radio, prima a Trieste e poi a Genova. Nel 1940 è internato, prima a Notaresco, poi ad Atri e infine a Sant'Omero, tutte località in provincia di Teramo. Liberato dagli alleati, resta a Teramo ma, successivamente, si trasferisce a Roma dove lavora saltuariamente. Nel Primo Questionnaire dichiara di essere ingegnere e di essere proprietario di una grande industria a Desdra. E'assistito dall'UNRRA. Sul modulo Hard core record sheet -così l'intestazione del foglio di registrazione che contiene anche notizie relative alla salute - si legge che il richiedente desidera rimanere in Italia finchè non sarà in grado di tornare nella Germania orientale In questo caso il desiderio di rimpatriare deve suscitare sospetti, perché Desdra è sotto la zona russa ma il richiedente giustifica la sua scelta dicendo che vuole tornarvi per verificare se può recuperare qualcosa dei suoi beni. L'esito del secondo Questionnaire è lo stesso: viene dichiarato idoneo per tutti i servizi dell'IRO, ma non per il rimpatrio. Nel giugno del 1952 è ancora in Italia.

5) Brasch Giovanni era nato a Berlino il 20 dicembre 1890. Lascia la Germania per Trieste già nel 1933, ma entro breve tempo si trasferisce a Milano, per poi far ritorno a Trieste. Nel giugno del 1940 viene internato, prima a Casoli, in provincia di Chieti, poi nel campo di Campagna, in provincia di Salerno. Liberato dai Canadesi, lascia però il campo nel mese di marzo del 1945 e si trasferisce a Salerno. Dichiara di non essersi registrato prima con l'IRO, perché non era stato adeguatamente informato se le formalità della registrazione fossero state espletate dall'AJDC. Fa domanda per una prima intervista per il 10 agosto 1949. Lo stesso giorno chiederà l'assistenza dell'IRO. Viene intervistato il 5 dicembre successivo e dichiara di voler essere ricollocato negli Stati Uniti, ma le sue obiezioni contro il rimpatrio - la sua famiglia è stata sterminata dai nazisti, non ha più amici in Germania e non considera questo paese la sua patria - non vengono accettate. A seguito di una nuova intervista riesce, comunque, ad ottenere la protezione legale e politica. Reintervistato l'8 gennaio 1951, riceve il 29 dello stesso mese la comunicazione che è idoneo anche per il ricollocamento, ma, da un appunto dalla firma illeggibile si comprende che questa decisione viene contestata, perché vi si leggono queste osservazioni: [le sue] obiezioni [sono] di natura politica. Quali parenti deve raggiungere? Ha una spiegazione per l'internamento? E così il 12 settembre successivo viene dichiarato INACTIVE in uno dei moduli che registravano il progresso delle pratiche per l'emigrazione. L'11 aprile del 1957 è ancora in Italia.

L'anno di ingresso in Italia: un ostacolo per l'assistenza all'emigrazione?

Le pratiche espletate con l'IRO da parte di Giovanni Brasch rimandano ad un aspetto problematico che si è notato anche in quelle di alcuni altri ex internati.
Il passaggio in questione è questa domanda che si leggono nell'appunto già citato nella ricostruzione. "Ha una spiegazione per l'internamento?", si chiede il suo estensore, lasciando capire che egli ignorava i provvedimenti persecutori emanati dal fascismo contro gli ebrei stranieri presenti in Italia e, in particolare, proprio l'internamento o che, addirittura, l'essere stato internato potesse costituire una punizione per qualche reato commesso.
E non era solo questo aspetto che sfuggiva a qualche funzionario dell'IRO. Mancavano anche informazioni precise su come l'Italia avesse costituito, per molti ebrei stranieri, una tappa della loro fuga dalle persecuzioni a partire dal 1933. Dovevano ignorare anche che il 7 settembre 1938 essi erano stati espulsi dall'Italia, espulsione alla quale potevano sfuggire solo dimostrando di avere in atto pratiche per l'emigrazione, anche sapendo che esse non avevano nessuna speranza di arrivare a buon fine. 2 In pratica ignoravano o non tenevano conto del fatto che la loro condizione in un arco di tempo che va dal 1933 al 1945 era stata del tutto paragonabile a quella in cui si trovavano i rifugiati che vi erano entrati nel 1945.
Una prova di quanto affermato è rinvenibile nei documenti relativi alle pratiche di un altro richiedente, Arthur Weinberg.
Arthur era nato a Vienna il 01.08.1904 In Italia dal 1939, nel 1940 viene internato prima a Casoli (CH), poi a Campagna (SA). Liberato nel 1943, rimane a Salerno, assistito dall' UNRRA e dall' AJDC. E'sposato con una italiana ed ha due figlie Desidera emigrare negli Stati Uniti.
Le sue obiezioni al rimpatrio - padre e fratello che sono a Vienna intendono emigrare negli Stati Uniti, dove vivono già dei nipoti che possono aiutarli - non sono ritenute valide. L'intervistatore riconosce che è stato vittima della persecuzione nazifascista ma dalla sua storia ricava la convinzione che non si tratti di un rifugiato, ma di un emigrante e, quindi, va rimpatriato. La valutazione nasce anche dal fatto che risulta dai documenti che egli già nel 1938 si era registrato in quota per gli USA. Intervistato una seconda volta, il richiedente riceve la stessa valutazione. Solo nel marzo del 1951, dopo una terza intervista, viene riconosciuto idoneo per il ricollocamento e per la protezione legale e politica.
Non accade lo stesso a Herz Wirt, nato a Przemyls, in Polonia, il 12 dicembre 1909.
Venuto in Italia dalla Polonia per studiare medicina rientrava in patria solo per le vacanze, fino a che, nel 1939, non gli fu più possibile, a causa dello scoppio della guerra.
Nel 1940 era stato internato nel campo di Ferramonti e poi in altre località della Calabria. Riuscì a terminare i suoi studi solo dopo la guerra. Intervistato il 9 febbraio del 1950, dichiara che vorrebbe raggiungere i suoi parenti in Argentina, oppure trasferirsi in Palestina, non avendo più nessun motivo per rientrare in Polonia, dove, peraltro, gli risulta permanga ancora un forte antisemitismo. Le sue obiezioni vengono ritenute, al momento, valide, ma la valutazione definitiva ricevuta il 13 marzo del 1950 smentisce il primo giudizio: viene dichiarato idoneo solo per la protezione legale e politica, non essendo considerato rifugiato e nemmeno una displaced person, dal momento che vive in Italia dal 1931.
La storia di Mayer Kinwald, pur presentando caratteristiche diverse, appare comunque analoga a quelle precedenti.
Il suo racconto nel Questionnaire cui viene sottoposto il 14 maggio del 1948, prende le mosse dal 1938, quando viveva a Merano, ma fu costretto a lasciare la città ed il lavoro a causa delle particolari disposizioni contro gli ebrei stranieri previste per l'Alto Adige 3 Nel 1940 fu internato in provincia di Potenza, dove rimase fino alla liberazione, dopo di che si trasferì a Roma. Solo al termine dell'intervista, dichiara di risiedere in Italia dal 1904.
Le motivazioni opposte al rimpatrio sono quelle comuni a tanti altri: non rimane in patria nessun parente, ma, soprattutto, si teme il permanere dell'antisemitismo in Polonia. Dichiara, perciò, di voler emigrare e le sedi scelte sono gli Stati Uniti, il Brasile, l'Argentina.
La prima valutazione è positiva: la sua storia risulta vera e le obiezioni valide, ma la sua pratica viene chiusa: non è considerato un vero rifugiato proprio a causa della durata della sua permanenza in Italia.

Il ricollocamento

La percentuale degli ex internati in Italia o nei campi Jugoslavi che, al termine di almeno uno dei Questionnaires cui erano stati sottoposti, riuscirono ad ottenere dall'IRO la valutazione di idoneità al resettlment, inteso come possibilità di emigrazione in uno Stato fuori dell'Europa si aggira intorno al 20,8. Ciò non significa, tuttavia, che sia possibile stabilire con sicurezza, almeno allo stato delle ricerche, se essi siano poi effettivamente emigrati.
Diversi sono i motivi che portano a questa conclusione. Il principale è che mancano, nei fascicoli documenti che indichino chiaramente la data e la destinazione della partenza. Esistono, è vero, documenti che testimoniano l'inizio del rapporto con gli uffici di Bagnoli, preposti alle ultime pratiche degli emigranti, ma nessuno di essi contiene conferme certe. Anzi sono diversi quelli che segnalano come INACTIVE più di qualcuno che, invece, sarebbe dovuto essere pronto per la partenza. La spiegazione che sembra di poter ricavare da una analisi complessiva dei documenti, dovrebbe risiedere nella stessa lentezza delle pratiche: quasi per tutte, infatti, esse si protraggono fino al 1951. e, per alcuni anche oltre. In questi casi accade anche che qualcuno scelga di rinunciare all'emigrazione e preferisca rimanere in Italia. Non mancano nemmeno casi di persone decedute.
E' probabile, infine, che per la stessa Organizzazione fosse difficile rendere operativi - del tutto o almeno in parte - gli accordi presi al momento della sua nascita con tutti gli stati che vi avevano aderito, in merito ad un significativo aumento delle quote di rifugiati da accogliere e che questo potesse costituire un serio ostacolo alle partenze.
A questo proposito è da mettere in rilievo che, tra le tante norme che potevano rendere difficile l'emigrazione, una era contenuta nella già citata direttiva Truman n. 225 "sull'immigrazione negli Stati Uniti di alcuni sfollati e rifugiati in Europa" emanata il 22 dicembre 1945 e mantenuta anche nel Displaced Persons Act approvato dal Congresso degli Stati Uniti il 25 giugno del 1948.
Le ricadute che le norme contenute in questi provvedimenti avevano sulle pratiche per l'emigrazione sono rinvenibili in diversi fascicoli personali.
I richiedenti, infatti, dovevano elencare tutti i luoghi in cui avevano vissuto nei 10 anni precedenti alla data della loro richiesta (item n.10 del modulo CM1) Bastava essersi allontanati anche per pochi giorni dal campo di accoglienza o dal luogo in cui avevano dichiarato di risiedere dopo la data fissata dalla norma, per correre il rischio di perdere il diritto all'emigrazione negli Stati Uniti.
Gli esempi di situazioni del genere trovati nei documenti riguardano soprattutto ex internati di nazionalità austriaca che approfittavano della relativa vicinanza della loro nazione di provenienza per andare a verificare di persona cosa fosse accaduto alla loro famiglia o ai loro beni e poi rientrare in Italia.
Uno particolarmente significativo si trova nel fascicolo di Wilhelm Eichel: sul modulo del suo Questionnaire è presente un appunto in cui si afferma che l'intervistato aveva ritenuto non importante dichiarare al momento della sua prima intervista il viaggio a Vienna e il soggiorno in quella città dal mese di febbraio a quello di novembre del 1945.
In seguito - si legge ancora nell'appunto - informato di quanto sarebbe stato importante per essere ammesso alle quote di emigrazione Negli Stati Uniti, ha fatto avere alla Sezione per l'emigrazione del Quartier generale dell'IRO una dichiarazione controfirmata da testimoni che confermano la sua presenza a Vienna nel periodo dichiarato. Viene riconosciuto come rifugiato solo il 29 settembre del 1949 perchè le obiezioni al rimpatrio da lui presentate sono basate sul fatto che Cernowitz il suo paese di nascita, ma non di residenza, sia diventato, dopo la guerra territorio russo, per cui, tornando a Vienna potrebbe esservi rimpatriato introducono ad una osservazione generale che riguarda le obiezioni al rimpatrio di quasi tutti i richiedenti assistenza che riescono a farsi dichiarare idonei all'emigrazione.
Le loro storie pregresse non si discostano da quelle di coloro che sono stati dichiarati idonei solo per il rimpatrio: analoghe le persecuzioni subite in patria, i percorsi delle loro fughe, i drammi vissuti dalle loro famiglie, le perdite subite, i percorsi di internamento e di fuga: diverse solo le obiezioni con le quali si oppongono ad ogni ipotesi di rimpatrio.
Queste, infatti, non nascono più dal fatto che in patria non ci sono più parenti, che sono stati persi tutti i beni e che l'antisemitismo non è stato sconfitto, ma si basano tutte sull'inaccettabilità da parte loro dei regimi comunisti che si stavano instaurando nei paesi dai quali gli ex internati e i rifugiati dall'allora Jugoslavia provenivano.
Solo gli ex internati provenienti dalla Germania, inoltre, fanno presente, nelle loro obiezioni, l'impossibilità di tornare nel paese dal quale si sentono ancora espulsi, in cui tutti i loro parenti sono stati sterminati e, infine, il timore che l'antisemitismo sia ancora un sentimento molto diffuso e pericoloso, ma a questi sentimenti, aggiungono anche la preoccupazione di dover tornare nella parte della Germania occupata dalla Russia che in seguito diverrà la Germania dell'Est.
Il rifiuto del comunismo viene giustificato, innanzitutto, con dichiarazioni di tipo politico/ideologico: il comunismo viene considerato una dottrina inumana ed ingiusta perché si fonda sulla cancellazione di tutte le libertà individuali e ha come scopo la fine della possibilità di iniziative personali sul piano economico; qualcuno denuncia il fatto che uomini senza istruzione occupino posizioni elevate e gli intellettuali debbano lavorare, mentre altri sono sicuri che la militanza, prima della guerra, in partiti ora considerati reazionari li esporrà sicuramente a gravi rischi.
Non mancano, inoltre, soprattutto da parte degli jugoslavi, denunce del fatto che gli oppositori vengano rinchiusi dal regime in veri e propri campi di concentramento.
A preoccupare maggiormente i richiedenti, infine, è la possibilità che i rapporti di assistenza o, in molti casi anche di vero e proprio lavoro intrattenuti con militari e funzionari occidentali durante la permanenza nei campi di assistenza, potrebbero attirare sospetti ed accuse di spionaggio.
Alcuni arrivano addirittura a temere che lo stesso internamento subito dal regime fascista possa essere considerato una sorta di collaborazione con il nemico occidentale.
Tutte queste obiezioni vengono considerate valide dagli intervistatori, anche se, come è stato già osservato, la valutazione di idoneità all'emigrazione non costituisce una garanzia - per il ricercatore - del fatto che essa sia veramente avvenuta o che sia avvenuta grazie all'intervento dell'IRO.
Questa incertezza riguarda anche 17 dei richiedenti sui documenti del quale viene apposto il timbro con la scritta eligible (idoneo) seguita dalla sigla D.R.A. - Discretionary Resettlment Assistence - cioè idoneo per assistenza discrezionale al ricollocamento, a segnalare il fatto che il richiedente in questione rinvia la possibilità di emigrare ad un momento che deciderà lui stesso.
L'ultima categoria degli esiti che si possono ricavare dai fascicoli riguarda i richiedenti che vengono dichiarati A.W.O.L. sigla che, nel linguaggio militare sta per: away without offical leave, cioè assente senza il permesso, oppure "missing", la cui percentuale complessiva è del 37,9.
Difficile poter stabilire con certezza, attraverso i documenti, i motivi di questi allontanamenti, se non quelli cui si è già accennato sopra. Solo a volte il fascicolo contiene l'apposito modulo tramite il quale segnalare i cambi di stato, tra i quali, appunto, anche l'allontanamento.
Quasi tutti i fascicoli di chi abbandona, infatti, contengono solo i primi moduli, quelli che venivano compilati all'atto dell'iscrizione sui quali la sigla viene apposta a mano e senza motivazioni di sorta.
Ad abbandonare dovevano essere anche quelli che erano risultati idonei per l'assistenza "fuori campo" - una possibilità prevista dai regolamenti dell'IRO - e il cui indirizzo era noto all'organizzazione.
Nei loro fascicoli è possibile, infatti, rinvenire la cartolina postale prestampata, con la quale l'IRO chiedeva di confermare le richieste fatte all'epoca dell'iscrizione, rispedita al mittente perché il destinatario risultava irreperibile.
Le poche ipotesi che è possibile fare sui motivi dell'allontanamento si possono ricavare da quei fascicoli che non si fermano ai moduli iniziali.
Alcune possono riguardare quelli che si allontanano nel momento in cui ricevono la valutazione di idoneità solo per il rimpatrio, come accade nel caso di Raffael Nathan, la cui storia è riportata sopra.
Non mancano, però, anche quelli che scompaiono una volta ottenuto il Control Block, una sorta di documento di identità che, forse, essi speravano potesse sostituire i loro documenti personali - sequestrati all'atto dell'internamento e non più recuperati, oppure sono scaduti e impossibili da rinnovare - per quanto recasse ben chiara l'indicazione che non aveva valore al di fuori delle strutture dell'IRO.


1 Cfr gli Atti Costitutivi dell'IRO
2 Cfr in Archivio di Stato di Fiume, Rijecka prefektura. 1924 - 1945, Fondo HR-DARI-8, b. 677, Soggiorno nel Regno: Questura di Fiume a Dirigente Ufficio Stranieri, Commissario di PS Abbazia, Podestà di Laurana, del 9 dicembre 1939, avente come oggetto Ebrei stranieri venuti nel regno con il pretesto di turismo. Il Questore trasmette il testo di una "recente circolare ministeriale" che prevede la possibilità di prorogare la permanenza nel Regno a "quegli ebrei stranieri i quali siano già in possesso di un visto consolare e che non possono partire per difficoltà inerenti il rilascio di biglietti e simili, oppure siano in possesso di attestazione consolare che riceveranno il visto entro breve termine"
3 L'Alto Adige, per la sua particolare condizione fu oggetto di accordi particolari tra il governo fascista ed il Reich, ma a determinare il destino degli ebrei stranieri che vi risiedevano fu il comportamento delle autorità locali, in particolare della Prefettura di Bolzano che si distinse per zelo applicando alla lettera, se non rendendo ancora più persecutoria, la normativa razziale. Nel luglio 1939 il Prefetto Giuseppe Mastromattei stabilì infatti l'allontanamento nell'arco di 48 ore di tutti gli "ebrei stranieri" stabilmente residenti o dimoranti in territorio provinciale. Alcuni di essi, intenzionati a non allontanarsi troppo dalle località di precedente residenza, si stabilirono in Trentino, anche per avere la possibilità di fare saltuariamente ritorno in Sudtirolo con maggiore agevolezza. Ben presto però questa soluzione di compromesso fu vanificata dalla proibizione di fissare nuovo domicilio in qualsiasi provincia confinante con quella di Bolzano. Cfr: Anna Pizzuti, Vite di carta - Storie di ebrei stranieri internati dal fascismo. Donzelli, Roma, 2019, p. 128,nn 39,40

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