La Provincia del Carnaro Indice Le zone croate occupate

LA PROVINCIA DEL CARNARO - ACCOLTI E RESPINTI

I dati finora raccolti sull'internamento in territorio italiano di ebrei profughi dalla Croazia o da altre regioni della Jugoslavia occupate dai tedeschi sono contenuti nella tabella che segue.

Profughi/rifugiati internati in Italia 314
Profughi/rifugiati autorizzati a risiedere (provvedimento ministeriale) 26
Profughi/rifugiati non internati 19
TOTALE 359

Le sedi di internamento furono il campo di Ferramonti e alcuni tra i vari campi situati nelle province di Teramo e di Campobasso; la maggioranza degli internati, però, fu inviata in località situate nelle province del nord Italia.
Non mancavano, tra di essi, anche ebrei non originari della Jugoslavia, ma provenienti da altre nazioni dell'Europa centro orientale in particolare l'Austria - che nella Jugoslavia si erano rifugiati negli anni precedenti all'inizio della guerra.
I passaggi di frontiera attraverso i quali i profughi cercavano di entrare erano quelli di Plasse, Buccari, Buccarizza (Bakarac), Meja.
Pochi quelli che si dirigevano direttamente verso Fiume o Abbazia, ed erano, per lo più, ebrei "favorevolmente noti" che il Ministero dell'Interno, con uno specifico provvedimento, autorizzava a risiedere nella provincia o a trasferirsi in altre località italiane.
La maggioranza degli ebrei profughi i quali riuscivano ad entrare nel territorio della Provincia del Carnaro si concentravano, invece, a Susak, nonostante la stretta sorveglianza esercitata dalle forze dell'ordine.
La situazione che si viveva in questa località nei primi mesi dell'occupazione italiana veniva così sintetizzata in un promemoria scritto dal segretario della Comunità di Fiume consegnato a Carlo Morpurgo durante la visita svolta nell'agosto del 1941:
  1. Il numero dei fuggiaschi registrati da parte della Comunità è di oltre 400;
  2. Altrettanti sono non registrati perché timorosi di presentarsi;
  3. di questi 400 registrati ultimamente 128 ricevevano il sussidio di otto lire al giorno su fondi della Delasem per tramite della Comunità di Fiume che trasmetteva gli importi al Rabbino Deutsch1 .
  4. La maggior parte dei fuggiaschi è arrivata nelle ultime tre settimane con ogni mezzo: a piedi, con camion, in ferrovia.
  5. Un numero considerevole è nascosto nei boschi adiacenti, costretti a implorare l'elemosina dai contadini.
  6. Nell'isola di Veglia, assegnata all'Italia, si trovano 11 profughi privi di tutto.
  7. Fin dal loro arrivo, le autorità italiane, hanno respinto circa un centinaio di profughi e nulla si sa della loro sorte.
  8. Da circa 10 giorni le autorità stanno provvedendo ad arrestare dividendo le madri dai bambini e i mariti dalla moglie e respingendoli verso il territorio Croato2.
A proposito di Susak, va anche ricordato che, prima dell'annessione, essa era sede di una Comunità ebraica che, in base ad un elenco che porta la data del 18 giugno del 1941, contava 95 iscritti, 29 dei quali risiedevano, però, a Fiume. Anche questa Comunità fu sottoposta alla legislazione antiebraica italiana, e 21 degli ebrei residenti vennero internati in campi o località dell'interno (Scipione di Salsomaggiore, Corropoli, Frerramonti), ma c'è da dire che dai documenti contenuti in alcuni dei loro fascicoli personali risulta che diversi provvedimenti di internamento venivano giustificati sempre con una pretesa o reale attività anti italiana.
La tabella sintetizza i dati finora raccolti ssul percorso di internamento degli internati dalla provincia del Carnaro, compresa Susak.

CarnaroSusakTrieste
Emigrati durante l'internamento9-3
Deceduti durante l'internamento52-
Arrestati ,deportati, uccisi in eccidio1484
Presenti nei campi UNRRA (Roma e Puglia 1944)38 313
Rifugiati nei pressi delle località di internamento (1945)10 --
Partiti per la Palestina (1944)2-1
Partiti per gli Stati Uniti (1944 e oltre)14-9
Rifugiati in Svizzera (1944)5938

Molto più numerosi degli internamenti furono i respingimenti e gli allontanamenti.
Il loro numero può essere ricostruito attraverso le comunicazioni inviate dalla prefettura di Fiume al Ministero dell'Interno, a partire dalla fine del mese di luglio del 1941, conservate presso l'Archivio Centrale dello Stato3 .
Tra di esse, insieme ai telegrammi che registrano solo il numero dei respingimenti o degli allontanamenti, molte altre che, se ne trovano molte accompagnate dalla segnalazione del luogo in cui questi avvenivano, le forze dell'ordine che li eseguivano e gli elenchi dei profughi sottoposti a quei provvedimenti.
Scorrendo questi elenchi si scopre che non mancarono, tra i profughi, quelli che, dopo essere stati respinti o allontanati, provarono di nuovo, anche più volte, a rientrare.
Le tabelle che seguono sintetizzano i dati che possono essere ricavati dalle comunicazioni prefettizie

TENTATIVI DI INGRESSO E PERIODO IN CUI VENGONO EFFETTUATI
Periodo Una volta Due volte Tre volte Quattro volte Totali
giugno /dicembre 1941 226 38 7 271
gennaio/ maggio 1942 79 3 4 1 87
Ripetuti tra giugno 1941/maggio 1942 38 1 39
Comunicati in elenchi senza data 28 28
Totali 333 41 49 2 425

Come si può osservare nella tabella, il numero più alto di respingimenti e allontanamenti si colloca nella seconda metà del 1941. Le date delle singole documentazioni rivelano che, in buona parte, essi furono attuati tra giugno e settembre, mesi in cui nella zona retrostante la Provincia del Carnaro imperversavano le bande di ustascia impegnate ad eliminare fisicamente, sul posto o nei campi di sterminio croati, serbi ed ebrei.
I respingimenti avvenuti in quel periodo equivalsero a vere e proprie condanne a morte.

NUMERO DEI RESPINGIMENTI DOCUMENTATI
Respinti o allontanati di cui si conoscono le generalità 425
Respinti o allontanati dei quali viene comunicato solamente il numero 323
Totale 748

L'incrocio tra varie fonti4 consente di ricostruire quale fu il destino di una parte di questi profughi dopo i respingimenti o gli allontanamenti:
- 116 di essi riuscirono, dopo alterne vicende, ad essere internati in Italia; 36 lo furono direttamente dalla Questura di Fiume, 15 da Trieste, ma non è possibile verificare, allo stato delle ricerche, se perché avessero raggiunto autonomamente la città o perché vi si trovassero in carcere inviati dalla Questura di Fiume. I rimanenti risultano internati da Lubiana o da Spalato, a riprova del fatto che, falliti i tentativi di ingresso nella provincia del Carnaro, fossero riusciti ad entrare nelle altre zone annesse all'Italia.
Solo 3 degli internati risultano inviati nel campo di Ferramonti, mentre tutti gli altri vennero inviati in località situate nelle province dell'Italia del Nord.
Per quanto riguarda gli altri respinti o allontanati, le ricerche finora condotte hanno rivelato quanto segue:
- i nomi di altri 137 sono contenuti negli elenchi dei profughi internati nei campi istituiti dai militari italiani prima nelle zone di occupazione a partire dal 1942 (principalmente Kraljevika/Porto Re) o sull'isola di Rab/Arbe, annessa alla Provincia del Carnaro;
- 7 dei respinti riuscirono a raggiungere l'Italia meridionale liberata dopo l'8 settembre;
- 23 sicuramente perirono nei lager ustascia o nazisti, mentre per 19 non si ha la certezza assoluta.
Prima di chiudere, si ritiene utile ai fini della ricostruzione del numero degli ebrei in fuga dalla Jugoslavia occupata che si diressero verso la Provincia del Carnaro riferire di un episodio nel quale Carlo Morpurgo, ricoprì un importante ruolo.
Di esso parla Giuseppe Fano, segretario del Comitato triestino di cui Morpurgo era presidente5, ma il suo racconto è confermato anche da alcuni documenti conservati presso l'Archivio dello Stato Maggiore dell'esercito6.
Il 22 aprile del 1942 Carlo Morpurgo consegnò al Vescovo di Trieste, Antonio Santin una memoria riguardante un gruppo di "600 profughi considerati di razza ebraica rimandati dalla zona italiana di Sussa (Borgonovo) nella finitima zona della litoranea croata occupata dalle truppe italiane (Craglievizza, Cirquenizza) " che quindi si erano venuti a trovare sotto la giurisdizione civile delle autorità croate "le quali hanno chiesto alle autorità centrali di Zagabria istruzioni su misure da prendersi nei riguardi di questi profughi."
Morpurgo sapeva bene che il Vescovo non può rivolgersi alle autorità croate, perciò chiedeva un suo intervento presso il Comando Italiano della zona, "interessandolo ad ottenere che si eviti l'allontanamento dei profughi dalla zona soggetta alla giurisdizione militare italiana." 7
Il vescovo, seguendo il consiglio del rappresentante della Delasem, trasmise la memoria al generale Roatta, accompagnandola con una sua nota personale nella quale, accennando anche ad una precedente corrispondenza con " l'Ecc. Ambrosi" [Il generale Ambrosio, il Comandante della II armata fino al gennaio del 1942] richiamava la richiesta di protezione a suo tempo fatta per degli altri "profughi di razza ebraica", precisando che, come per i primi, anche fra questi vi erano "naturalmente anche coloro che sono battezzati e non da oggi" .
Il Vescovo proseguiva rimarcando la fiducia nutrita dai profughi nei confronti degli italiani e ricordando che "è con espressioni di sincera riconoscenza che parlano della protezione finora goduta".
Prima di chiudere, faceva presente anche che i profughi "preferiscono mille volte essere internati in qualunque campo di concentramento d'Italia piuttosto che ritornare in Croazia, ove sanno cosa li attende." Questa la risposta del generale, inviata il 21 maggio successivo:
"In relazione a quanto mi avete comunicato circa gli ebrei residenti nella zona litoranea croata, trasferitisi dai territori annessi del fiumano alla predetta zona, mi risulta che il provvedimento è stato adottato dalla autorità di P.S. di Fiume per ragioni contingenti che esulano dalla mia competenza. Per contro, tengo ad AssicurarVi che tali profughi - per i quali vi interessate - non saranno turbati nel godimento della loro residenza, semprechè essi si tengano lontani da ogni atteggiamento politico e non disturbino l'ordine pubblico. Nulla, invece, mi è possibile fare per un eventuale loro internamento in campi di concentramento in Italia"8.
Nei mesi in cui avviene questo scambio non esistevano ancora, nella zona costiera della Croazia limitrofa alla Provincia del Carnaro campi di internamento gestiti dalle autorità militari e lo stesso campo di Kraljevica (Porto Re), vicinissimo al confine tra la Croazia ed il fiumano, non era ancora stato destinato ad accogliere profughi ebrei9 . Non è possibile, quindi, verificare cosa accadde ai componenti di questo gruppo. Si può solo supporre che si diressero verso altre frontiere, e, vista la data delle comunicazioni che li riguardano, queste dovettero essere le frontiere della Dalmazia.

SINTESI FINALE DEI DATI RIGUARDANTI LA PROVINCIA DEL CARNARO
Ebrei profughi internati in Italia dalla Provincia del Carnaro10 335
Ebrei profughi autorizzati a risiedere o non internati46
Ebrei profughi respinti (escluso il numero degli internati)632
Totale1013

Se si aggiungono anche i 600 ( o 300, secondo Klaus Voigt) di cui si è parlato sopra, si raggiunge una cifra compatibile con quella di circa 1400 profughi che passarono nella Provincia del Carnaro, fornita da Klaus Voigt, cifra che comprende, nelle stime dello storico tedesco, anche i respinti alla frontiera11 .


Dal database:
1. internati dalla Provincia del Carnaro;
2. profughi respinti o allontanati e successivamente internati;
3. profughi internati dalla Prefettura di Trieste.


1 Sull'attività del rabbino Otto Deutsch e sulla storia del suo arresto, avvenuto nell'estate del 1941, del suo internamento a Ferramonti e della sua morte avvenuta nell'ospedale psichiatrico di Nocera Inferiore (CS)si veda Michele Sarfatti, Onore al Rabbino Otto Deutsch, in http://www.michelesarfatti.it/articoli.php?indice=6.
2 Carlo Morpurgo, nella sua relazione rielabora queste informazioni, soffermandosi, in particolare sugli arresti che avvenivano nell'ufficio dell'anagrafe dove i profughi, obbedendo alle leggi in vigore per gli stranieri, si recavano per registrarsi e sull'elevato numero di profughi che preferivano la clandestinità anche se questa condizione li esponeva al rischio di arresto per mancanza di documenti regolari. Cfr.AUCII, Serie DELASEM, 44P,ebrei croati, Promemoria sulla situazione degli ebrei croati rifugiati a Susak, 24 agosto 1941
3 ACS,MI,PS, A 16 Ebrei stranieri, b.10, f. FIUME, ma anche AdSF,Rijecka prefektura. 1924 - 1945, Fondo HR-DARI-8, serie Difesa della razza 1938 - 1944,b. 680/1 (manca nome fascicolo) 2^ Armata, Comando Gruppo Carabinieri Reali di Susak XII Battaglione Mobilitato alla Prefettura di Fiume, alla Questura di Fiume, Susak, 2 settembre 1941. Prove dell'effettuazione di respingimenti anche nel mese di giugno sono in: AdSF, HR-DARI-53, Ured za strance, osobni dosje S, Rosenfeld Giuseppe
4 www.annapizzuti.it, Archivio del Museo Ebraico di Belgrado: Elenchi di ebrei internati nei campi gestiti da italiani in Jugoslavia (Porto Re/Kraljevica, Arbe/Rab), http://db.yadvashem.org/names/search.html?language=en
5 Giuseppe Fano : Riassunto aggiornato sull'attività del Comitato italiano di assistenza agli emigranti ebrei Trieste-Venezia 1938-1943, in La rassegna mensile di israel terza serie, vol 31.No 10/11 (ottobre novembre 1965) p.519
6 USSME (Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito), fondo M3, busta 69, fascicolo Internamenti ebrei Slovenia.
7 Come si può notare, dal racconto emerge la consapevolezza di Morpurgo che i vari presidi militari italiani non garantivano del tutto la sicurezza agli ebrei profughi, vista l'influenza che su di essa continuava ad avere, come si vedrà in seguito, il governo croato.
8 L'episodio è riportato anche in: Alberto Becherelli, Italia e Stato Indipendente Croato, Ed. Nuova cultura,2012. Klaus Voigt considera attendibile l'episodio, ma, secondo le sue fonti, i profughi allontanati da Fiume furono 300. Cfr Klaus Voigt, Il rifugio precario cit, p.276
9 L'internamento a Porto Re degli ebrei presenti nella zona occupata dall'Esercito Italiano iniziò il 2 novembre del 1942. Sull'argomento cfr Klaus Voigt, Il rifugio precario cit. vol II p. 284 e la sezione dedicata a questo campo in www.campifascisti.it
10 Il numero comprende anche gli ebrei residenti a Susak
11 Cfr. Klaus Voigt, Il rifugio precario cit, p. 255

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