Ebrei stranieri in Italia non internati Indice Dalla Romania

APOLIDI E POLACCHI

Inizia con gli apolidi ed i polacchi l'esame di quella che è stata definita la terza categoria, che riguarda le displaced persons ebree che seguono, in generale, l'avvicendarsi delle varie agenzie di assistenza che si susseguono a partire dal 1945, è quella nella quale sono raccolti il maggior numero di fascicoli personali e, di conseguenza, tante storie. La loro ricostruzione completa tutti i passaggi della presente ricerca, ma, considerata la mole del materiale documentario, l'impostazione dell'analisi e la selezione verranno organizzate in maniera diversa rispetto a quelle usate finora.
Seguendo il criterio con il quale i fascicoli sono inventariati sul sito degli Arolsen Archives, che è quello delle nazioni di provenienza attribuite agli intestatari, si ricostruiranno le linee generali del comportamento dei componenti dei gruppi più numerosi, offrendo successivamente per ciascuno gli esempi più significativi. In questo modo verrà valorizzato - si ritiene - il valore di testimonianza e il contributo che le storie dei singoli, pur con i limiti che possono presentare, potranno fornire alla ricostruzione delle vicende storiche in cui esse si inquadrano.

APOLIDI

L'identificazione della nazionalità delle displaced persons si rivelò uno dei problemi più intricati da risolvere sia quando si pensò di organizzare le displaced persons, comprese quelle ebree, in campi dedicati ciascuno ad una nazionalità, sia quando iniziarono le operazioni di rimpatrio.
L'identificazione della nazionalità andava, inoltre, a sovrapporsi a quella della cittadinanza, condizioni giuridiche tra le quali, in realtà esiste una differenza sostanziale. Mentre la prima richiama il legame che collega un individuo ad un gruppo o ad una comunità omogenea per lingua cultura, tradizioni, religione, la seconda assume un significato più specificamente giuridico, perché rappresenta la condizione della persona che vede riconosciuti, dallo Stato in cui risiede, pieni diritti civili e politici.
C'è, inoltre, da considerare il fatto che raramente le DPs possedevano documenti che consentissero una definizione precisa della loro nazionalità e tra di esse, la maggioranza non li possedeva affatto.
Sono i moduli compilati al momento della richiesta di assistenza che consentono di verificare in che modo l'UNRRA, la Commissione preparatoria dell'IRO e la stessa IRO tentarono di dare una sistemazione al problema.
Sul modulo predisposto dall'UNRRA il form richiede di dichiarare claimed nationality, ovvero la nazionalità che la displaced person per la quale veniva compilato rivendicava per sé e per la propria famiglia.
Su quelli usati dalla Commissione preparatoria (PCIRO) la dicitura era completamente diversa, divisa anche in due parti: il richiedente dichiarava non la nazionalità, ma la cittadinanza che rivendicava e, di seguito, la former citizeship if any, cioè la ex cittadinanza, se c'era.
I moduli di ammissione all'IRO offrono diverse opzioni: chiedono di dichiarare la cittadinanza scegliendo tra quattro opzioni: quella rivendicata, quella attuale, quella precedente, quella presunta, prima del "displacement" e, infine, il gruppo etnico o di nazionalità di appartenenza aggiungendo, come esempi: ucraini, ebrei, wolksdeutsche (tedeschi etnici).
La storia dimostra tuttavia, che nessuno dei due termini - nazionalità e/o cittadinanza - potrebbe risultare adatto a descrivere la condizione degli ebrei che vivevano nell'Europa centro orientale non solo nei due decenni che intercorsero tra la prima e la seconda guerra mondiale, ma anche negli anni immediatamente successivi a quest'ultima, che sono oggetto della presente ricerca. 1
Tanto è vero che, quando nei fascicoli personali si trovano tutte e tre le tipologie di modulo, si possono notare, per lo stesso intestatario, risposte tra loro contraddittorie e, nel caso di coloro dichiarati apolidi nella catalogazione Arolsen, la presenza sia dell'attribuzione di stateless, sia l'attribuzione di una nazionalità.
Di seguito alcuni esempi delle diverse situazioni.
Nel fascicolo di Leon Simkovic si verifica la contraddizione fatta notare sopra: nel modulo UNRRA gli viene attribuita la cittadinanza lituana, in quello della Commissione preparatoria viene definito stateless.
Nessuno dei moduli presenti nel fascicolo di Moses Taub riporta la dicitura statless, nonostante nell'archivio on line sia inserito tra gli apolidi.
Nel fascicolo intestato a Szymon Gurfeyn, infine, è possibile osservare, sul primo modulo di iscrizione all'IRO, la seguente compilazione dei tre livelli:
- ex cittadinanza: polacca
- nazione di abituale residenza: Polonia
- gruppo etnico o nazionale: ebreo
Quello che, comunque, appare chiaro, è che la condizione di apolidia non sembra influire sul percorso di assistenza, se non, probabilmente, nel caso di Mattilde Menasce (e sorella Regina) nate nell'isola di Rodi. Il padre delle due ragazze era nato a Rodi, all'epoca in cui l'isola apparteneva alla Turchia,. Quando questa venne annessa all'Italia, tutta la famiglia acquisì una forma di cittadinanza italiana, detta "egea". 2
Fino al 1941 Matilde frequentò le scuole ebraiche, ma, quando stava per terminarle, dovette lasciare gli studi a causa delle leggi antiebraiche fasciste. Nel mese di luglio del 1944 venne deportata ad Auschwitz (ha il tatuaggio del numero) con i suoi genitori poi morti nelle camere a gas, mentre i fratelli furono trasferiti in altri campi. Lei stessa e la sorella Regina nell'ottobre successivo vennero trasferite a Bergen Belsen, poi a Ragun, in Germania. Quando gli Alleati si stavano avvicinando al campo, tutti gli internati furono spostati a Terezin. Liberate dai russi nel mese di maggio del 1945, furono accolte in un campo nella zona di occupazione americana nelle vicinanze di Vienna e, sempre nel 1945, da qui trasferite a Roma, con il gruppo di Rodi, assistito prima dall'UNRRA e poi dall'IRO. Uno zio che viveva negli Stati Uniti che voleva averle con sé ha inviato l'affidavit nel 1946. La valutazione delle loro interviste è quella del rimpatrio, se lo desiderano, ma le due ragazze vorrebbero trasferirsi negli Stati Uniti. Non ci sono, nei due fascicoli, documenti che consentano di conoscere il loro destino.
Sono solo 11su 87 gli intestatari dei fascicoli che vengono dichiarati idonei al ricollocamento, ma solo per una persona si apprende che questo è avvenuto.
In ultimo, può essere interessante riportare alla luce la storia di Deszo Isakovici supponendo che essa sia legata alla sua condizione di apolide, considerato che i casi di arresto documentati riguardarono quasi sempre displaced persons sorprese dalle forze dell'ordine senza i necessari documenti di riconoscimento. L'uomo viveva nella sua città natale in Cecoslovacchia, mantenendosi con lavori saltuari. Quando la città venne occupata dagli Ungheresi fu arruolato nei battaglioni del lavoro. Deportato a Mathausen, fu liberato dagli alleati e visse a Graz, in un campo UNRRA. Entrò in Italia nel 1945, aggregato ad un trasporto di Displaced Persons. Fu ospitato in due campi UNRRA, a Grugliasco e a Rivoli, rifiutandosi sempre di tornare nel luogo di sua abituale residenza. Dall'IRO, infine, fu dichiarato idoneo al ricollocamento richiesto per gli Stati Uniti dove aveva dei parenti. Nell'attesa, nel settembre del 1948 venne trasferito a Barletta, dove, però venne arrestato dalle autorità italiane e trasferito a Lipari. Mancano nel fascicolo documenti che indichino quale sia stata l'evoluzione di questo caso. 3

POLACCHI

I documenti contenuti nei fascicoli personali delle DPs ebree di origine polacca confermano l'andamento degli ingressi in Italia secondo quanto dimostrano le statistiche fin qui citate.
A partire dal 1945, infatti, si assiste ad un progressivo aumento del numero dei registrati che culmina nel 1947, il periodo, cioè, in cui quasi tutti gli ingressi erano compiuti dai cosiddetti infiltree di cui si è già parlato.
Sono i fascicoli a fornirci i numeri degli ingressi - 23% di ingressi nel 1945, 28% nel 1946, 42% nel 1947, 7% dal 1948 al 1951- ma sono le storie che da essi riemergono a far riemergere le motivazioni e le aspettative. E, tra le centinaia, ce n'è una che, pur riguardando un numero limitatissimo di persone contiene in sé quasi tutta la storia della SHOAH in Polonia e una sintesi esemplare delle vicende dei sopravvissuti.
Leizer Senderowicz era nato il 19 marzo 1923 a Wilno, in Polonia. I suoi genitori erano entrambi di origine ebraica. Leizer frequentò la Scuola tecnica a Wilno, terminata la quale, nel 1941, rimase a casa senza lavoro, fino a quando, costretto dai tedeschi a vivere nel Ghetto, iniziò a svolgere lavori occasionali come meccanico. Nel mese di giugno del 1942 riuscì ad evadere dal Ghetto e si rifugiò nelle foreste vicino a Wilno, dove visse in un nascondiglio, protetto da contadini. Nel gennaio del.1944, dopo che la Polonia era stata liberata dall'Armata Rossa, Leizer tornò a Wilno e vi trovò un impiego presso una fabbrica elettrotecnica, che lavorava sotto l'amministrazione russa. La sua città, però, ormai non apparteneva più alla Polonia4 per cui nel mese di giugno del 1945 dovette essere rimpatriato in Polonia, essendo cittadino polacco. Qui, però rimase un tempo molto breve perchè partì per l'Italia con un trasporto ebraico che intendeva raggiungere la Palestina.
Fu ospitato in una haschara nei dintorni di Bologna fino al 1946 quando fu trasferito a Tradate in un campo profughi per ebrei gestito dall'UNRRA, nel quale si trovava sua sorella Debora. In quel campo conobbe e sposò Bronya Szyr. La sorella partì per la Palestina, il campo di Tradate fu chiuso e la coppia si trasferì a Milano.
La moglie di Leizer aveva una sorella - Sima Szyr - di 13 anni, della quale aveva perso le tracce. 5 Riuscì a sapere solo alla fine del 1947 che era a Lindenfelz, vicino a Monaco, e così, ottenuto il suo passaporto nazionale e il permesso di transito nelle zone ovest della Germania con il pretesto di voler tornare in Polonia, andò in quel campo e, da lì, nel giro di due mesi, riportò la bambina in Italia. Quando Sima arrivò a Milano, visse per un certo periodo ospitata a Cadorna, l'ex caserma milanese adattata a campo per DPs. Nel fascicolo di Leizer ci sono i due Questionnaires ai quali fu sottoposta.
La storia che vi si legge, pur integrandosi con quella dei suoi familiari, contiene passaggi che la inseriscono in quadro molto più ampio.
Sima era vissuta da bambina a Sarni-Rowno, in Polonia. I suoi genitori, una sorella e un fratello furono uccisi nel ghetto di Sarni dai tedeschi, mentre lei si salvò perché era stata nascosta presso una famiglia polacca di nome Ryzewski a Polesze, in provincia di Rowno. Nel dicembre del 1943 dovette lasciare famiglia e fu nascosta dai partigiani nelle foreste di Polesze fino al giugno 1944. Liberata dalle forze russe, visse con una famiglia ebrea, anch'essa salvata da partigiani, fino al luglio 1945.
Successivamente fu trasferita in una casa per bambini a Ludwigsdorf vicino a Waldenburg, una zona ex tedesca annessa alla Polonia. Visse lì fino al luglio 1946 quando fu trasferita in quanto bambina non accompagnata in una casa per bambini a Lindenfeld vicino ad Amburgo.
Nell'estate del 1947 riuscì a far parte del gruppo di displaced persons che partì per la Palestina a bordo della nave Exodus, e che fu costretto a tornare in Germania nel settembre 1947. 6
Sima si trovava nel campo di Wilhelmhafen, Germania quando sua sorella Bronja venne dall'Italia e la portò in quel paese.
L'intervistato annota, in calce ad uno dei questionnaires che, a causa della sua giovane età la ragazza non ricorda esattamente le date e che apparentemente sembra esserle stato insegnato dai parenti ciò che doveva dire durante l'interrogatorio.
In effetti il secondo questionnaire si apre con una premessa: Il soggetto è stato interrogato accompagnato da suo cognato, dato che non ha ancora 16 anni. Entrambi hanno ammesso che le date del formulario di dichiarazione sono state inventate da loro per paura che la bambina non possa andare negli Stati Uniti a causa del suo ingresso tardivo in Italia.
La famiglia Leizer, infatti, chiede all'IRO la protezione legale, in attesa di poter emigrare negli Stati Uniti considerato che sono già in possesso di un affidavit. Nel 1949, però, sono ancora in Italia.
Come accade per i protagonisti della storia precedente, quasi tutte le DPs ebree di origine polacca che arrivano in Italia e delle quali c'è documentazione negli Arolsen Archives, prima della deportazione sono state rinchiuse nei ghetti. Oltre che in quello di Wilno, molti passano i mesi precedenti alla deportazione in quello di Lodz, di Cracovia e anche in quello di Varsavia.
A proposito di quest'ultimo, vale la pena di ricordare la storia di Henryk Hedelsburg che nel 1939 viveva a Varsavia e che, nel 1941, rinchiuso nel ghetto con i suoi genitori, entrò a far parte dello Stato clandestino polacco, fino a diventare membro della direzione. 7 Partecipò a molti attentati contro ufficiali tedeschi. Durante l'insurrezione del ghetto fu ufficiale della Home Army (in polacco Armia Krajowa), ma, dopo la capitolazione, fu preso dai tedeschi e considerato prigioniero di guerra. Riuscito a fuggire, raggiunse reparti della Home Army sui Carpazi e fu impegnato in diversi combattimenti. Alla fine della guerra, però, l'Home Army si schierò contro l'adesione della Polonia al regime sovietico e Henryk, per non sottostarvi, riuscì ad abbandonare la Polonia prendendo contatti - tramite il fratello che vi combatteva - con il II° Corpo d'armata Polacco che operava in Italia.
Arrivato nella penisola già nel settembre del 1945, lavorò nella sede romana del Joint fino al 1948, dopo di che venne ammesso all'assistenza dell'IRO al quale chiese di poter emigrare negli Stati Uniti o in Canada o in Australia, ma non risulta sia stato ammesso al ricollocamento.
Oltre a Henryk, molti altri gruppi di ebrei polacchi che subito dopo la fine della guerra si trovavano nella zona di occupazione americana raggiunsero l'Italia. Negli ultimi mesi di quell'anno, infatti, i trasporti militari alleati (testimonianza di Efroim Rosenberg) le organizzazioni ebraiche (testimonianza Samuel Handwrek) la stessa Croce Rossa (quella Svizzera, come nel caso di Polacsek Rosa) riuscirono ad organizzare trasferimenti di interi gruppi di di DPs ebree verso l'Italia.
Di essi, tuttavia, solo 14 vengono dichiarati, con i loro familiari, idonei al ricollocamento, pochissimi agli altri servizio dell'IRO, i rimanenti sembrano aver chiuso i loro rapporti con le organizzazioni, rendendosi irreperibili.
Il 1946 vede la crescita degli ingressi clandestini nelle zone di occupazione e nella stessa Italia e, nello stesso tempo, con le prime direttive americane, i tentativi di limitarla, stabilendo regole precise per chi avesse diritto alla registrazione ed all'assistenza.
Una di queste, già citata in un esempio, 8 la vediamo essere messa in atto contro Juda Widawski il quale si vede negare l'idoneità all'assistenza dell'IRO con la seguente motivazione: il candidato ex DP vittima della persecuzione razziale ha perso questo status quando è tornato in Polonia dopo la liberazione. Ha lasciato nuovamente la Polonia nel 1946 senza alcun motivo valido.
Anche dopo essere stato di nuovo intervistato, Juda viene dichiarato ineliglible.
Nonostante ciò gli ingessi clandestini continuano, come nel caso del gruppo di cui faceva parte Elias Albin che, nel febbraio del 1946,entra in Italia da Graz, con un trasferimento guidato dalla Brihah, l'organizzazione clandestina ebraica che operava in tutta l'Europa centro-orientale allo scopo di facilitare l'esodo in Palestina dei profughi ebrei ancora in Europa. Ad ogni modo Elias, i cui documenti mostrano che la sua prima registrazione avviene con l'IRO, è uno dei sette richiedenti assistenza che viene dichiarato idoneo al ricollocamento.
Quasi tutti (180 su 246) gli ebrei polacchi intestatari dei fascicoli entrati in Italia nel 1946 - tra i quali è compreso Mosze Buchbinder che fino all'ultimo documento contenuto nel suo fascicolo sembra non poter sfuggire al rimpatrio - interrompe i suoi rapporti con l'IRO.
Il 1947 è l'anno in cui entra la maggioranza delle DPs ebree di origine polacca, considerate ormai tutte infiltrees.
Valga per tutti la storia di David Liberman il quale durante gli anni della guerra lascia Lodz, città in cui era nato, per stabilirsi a Breslavia, nel quartiere di Pole dove riesce a sfuggire alle persecuzioni grazie a documenti di identità falsi. Dopo l'occupazione da parte dei russi e sentendo crescere intorno a sé di nuovo l'antisemitismo, si rende conto che la vita per lui in Polonia è ormai impossibile e, attraversata la Cecoslovacchia e l'Austria, riesce ad arrivare in Italia, sperando di poter emigrare in Palestina. Nel 1948 viene dichiarato non idoneo ai servizi dell'IRO anche dopo una seconda intervista in quanto la sua situazione non corrisponde a nessuna di quelle rientranti nel mandato dell'IRO.
Ad ogni modo, anche per gli ebrei di origine polacca arrivati in Italia nel 1947 l'ammissione al ricollocamento appare quasi impossibile (5 su 354) mentre la maggioranza (282) abbandona i rapporti con l'organizzazione.
Anche per quelli che arrivano tra il 1948 e il 1951, l'anno di cessazione delle attività dell'IRO, è molto difficile accedere ai suoi servizi. Stabilizzatosi il quadro internazionale e ormai proclamata, il 14 maggio del 1948, la nascita dello stato di Israele, quasi tutti vengono considerati emigranti e non più rifugiati. Tra le loro storie emerge però l'accenno ad un avvenimento che si ritiene importante ricordare. Lo riferisce Isyek Neumark, per motivare il suo rifiuto di rientrare in Polonia.
L'uomo, infatti venne a sapere era venuto a sapere delle esecuzioni eseguite a Katin (Polonia) dai russi. Lo aveva appreso da una commissione della Croce Rossa Internazionale che era venuta da Ginevra per raccogliere prove dell'accaduto sul posto.


1 Cfr la premessa alla ricerca sull'attribuzione della nazionalità agli ebrei stranieri internati in Italia durante il periodo bellico
2 Le isole del Dodecanneso, compresa quella di Rodi, passarono all'Italia con il trattato di Locarno, entrato in vigore nel 1924. Questo stabiliva che gli abitanti avrebbero acquisito una cittadinanza - detta egea - che assimilava tutti, se pure con dei limiti, ai cittadini italiani. Questa valeva anche per i sudditi turchi che vi si erano stabiliti all'epoca dell'impero ottomano. E' interessante seguire la polemica che si sviluppò tra la comunità ebraica di Rodi e il governo fascista dopo l'emanazione del decreto di espulsione dai territori del Regno degli ebrei stranieri cui la cittadinanza italiana era stata concessa dopo il 1919. Il presidente della Comunità di Rodi, Giacobbe Franco, sosteneva che, avendo ricevuto la cittadinanza italiana a seguito di un trattato, gli ebrei dell'isola non dovessero rientrare in quelle disposizioni, mentre sia il governo centrale che quello locale sostenevano il contrario. Alla fine il ministro degli esteri, Galeazzo Ciano, dovette dare ragione a Franco. Cfr; Marco Clementi, Eirini Toliou Gli ultimi ebrei di Rodi - leggi razziali e deportazioni nel Dodecaneso italiano (1938-1948) Ed. DeriveApprodi Roma,2015
3 Agli arresti di displaced persons ebrei, ma non solo, accenna anche Cinzia Villani che scrive: vi furono arresti, espulsioni e situazioni in cui essi vennero reclusi; si riuscì, non si sa però quanto frequentemente, a mediare o far revocare decisioni e provvedimenti in seguito all'intervento di organismi quali Joint, Unrra o l'Unione delle Comunità Ebraiche
4 A seguito degli accordi stabiliti nella conferenza di Teheran, il Voidovato di Wilno fu diviso in due ed assegnato parte alla Lituania, della quale Wilno (Vilnjus) divenne capitale e parte alla Bielorussia
5 Bronia Szyr, durante le ricerche dovette aver chiesto aiuto al Quartier generale della Commissione preparatoria dell'IRO. Fuori tempo (gennaio 1948) questo si rivolge, ma fuori tempo, all'Ufficio Ricerche dell'AJDC che aveva sede, a quanto pare, nell'ex campo di concentramento di Bergen Belsen, diventato poi campo per DPs se Zsyr Sima si trovi in quel campo. La risposta arriva nel gennaio del 1948, da parte del Child Trancing Branch di Belsen ed è negativa.
6 Le date fornite da Sima corrispondono a quelle della vicenda della nave Exodus. Cfr: Exsodus - Un'odissea in mare aperto in Rai Cultura - Storia, alla pagina https://www.raicultura.it/storia/foto/2019/02/Lexodus-bce5e57a-857b-4a8f-a178-61ac20689a55.html
7 Lo Stato clandestino polacco (polacco: Polskie Pa?stwo Podziemne, noto anche come Stato segreto polacco) fu una entità politica e militare formata dall'unione delle organizzazioni della resistenza nella Polonia occupata che erano fedeli al governo della Repubblica di Polonia in esilio a Londra.
8 Cfr il caso di Wilhelm Eichel alla pagina Dai questionari - Le storie nella prima parte della ricerca

Ebrei stranieri in Italia non internati Indice Dalla Romania