La Displaced Persons Division dell'UNRRA Indice L'atteggiamento del governo italiano

LE DISPLACED PERSONS EBREE IN ITALIA

Le prime informazioni sul numero e sulla provenienza degli ebrei che iniziano ad entrare clandestinamente in Italia sono contenute in una relazione indirizzata al "Dipartimento per le displaced Persons" - forse la prima denominazione assegnata alla Displaced persons division - presso la sede dell'UNRRA a Roma.
"Tra l'inizio di giugno e l'agosto 1945 - vi si legge - sono arrivati in Italia circa 13.000 nuovi rifugiati. Due terzi di loro sono originari della Polonia e dei paesi baltici e un terzo proveniva dalla Slovacchia, dalla Carpazia e dall'Ungheria. La maggior parte di loro arrivò in Italia dai campi di concentramento in Germania e in Austria, ma diverse migliaia vennero dalla Polonia, dalla Lettonia e dalla Slovacchia."
La relazione contiene anche il quadro della loro distribuzione nelle strutture di accoglienza già presenti nella penisola.
Circa 4500 si trovavano in campi gestiti dall' Allied Commission, soprattutto nel sud dell'Italia, 3000 in campi gestiti dall'UNRRA nel nord Italia, 1400 nelle hascharoth create soprattutto nell'Italia centrale come luogo di preparazione operativa e culturale prima dell'Alyah. Circa 500 minori non accompagnati erano ospitati in centri di accoglienza per essi appositamente predisposti, mentre circa 3500 vivevano, assistiti out of camp, nelle grandi città.
Le ragioni di questa che l'autore definisce una vera e propria migrazione verso l'Italia vengono divise in negative e positive.
Tra le prime sicuramente le condizioni in cui vennero a trovarsi gli ebrei provenienti dall'Europa centro-orientale già dai primi mesi che avrebbero dovuto segnare la loro liberazione. Le persecuzioni non erano terminate con la fine della guerra, soprattutto in Polonia, nazione in cui il governo non era stato in grado di disattivare l'organizzazione antisemita. Da qui la diffusione, tra i rifugiati, del timore di essere rinviati nei loro ex paesi di persecuzione, dai quali non sarebbero poi potuti ripartire a causa della proibizione di qualsiasi emigrazione dai paesi occupati dalla Russia. A ciò si aggiungevano le cattive condizioni in cui versavano i campi allestiti nelle zone di occupazione alleata in Germania e in Austria e l'ostilità che gli altri rifugiati in essi ospitati mostravano nei loro confronti.
Le seconde risiedono - sempre secondo l'estensore della relazione - dai rapporti di amicizia del popolo italiano con gli ebrei e il grande aiuto che le forze di occupazione italiane avevano dato agli ebrei in tutta Europa durante la guerra, dal clima mite dell'Italia - fattore importante per le vittime malate, affamate e nude della persecuzione tedesca - dalla speranza di trovare aiuto e protezione attraverso la Brigata Ebraica, ma, soprattutto, dalla speranza di avere una migliore possibilità di immigrare in Palestina dall'Italia. 1
In effetti nei mesi oggetto della relazione, era ancora possibile nutrire la speranza che le strutture create dagli alleati le agenzie internazionali o i vari comitati di assistenza riuscissero ad organizzare - se pur tra molte difficoltà - partenze verso la Palestina.
Lo provano quelle delle quali si è già parlato nella prima parte avvenute nei mesi di marzo e di novembre del 1945 dai porti di Taranto e di Bari, alle quali ne va aggiunta una terza, avvenuta da Napoli nel luglio dello stesso anno per un totale di 1817 passeggeri.
Queste partenze sono oggetto di una relazione compilata da Umberto Nahon, rappresentante in Italia della Agenzia ebraica per la Palestina di Gerusalemme - l'autorità governativa degli ebrei durante il mandato inglese in Palestina - non datata, ma scritta sicuramente tra la fine del 1945 e l'inizio del 1946.
Esse - si legge nella relazione - furono organizzate dalla Displaced and repatriation Sub-commission of the intergovernamental Committee on Refugee e dall'UNRRA per i trasporti. La selezione degli immigrati e le necessarie facilitazioni di viaggio in Italia erano state approntate sotto la direzione dello stesso Nahon, mentre tutti gli accordi per l'ingresso erano stati seguiti dall'Ufficio Centrale della Palestina. I visti di ingresso, infine, erano stati pagati dall' AJDC.
La relazione, tuttavia, si chiude con la constatazione che:
le prospettive per il prossimo futuro non sono purtroppo rosee e le persone che sono venute in questo paese con la speranza di poter partire in breve tempo devono ora affrontare il problema di un soggiorno di mesi o di anni prima che le loro aspirazioni di raggiungere la Palestina si realizzino. 2
Altre cifre, di poco successive, provengono dalla DELASEM, la Delegazione Assistenza agli Emigrati ebrei, che riprende ufficialmente la propria opera in Italia dopo il periodo della persecuzione.
Rivolgendosi direttamente al capo della missione italiana dell'UNRRA il 21 ottobre 1945 Settimio Sorani, a nome della Delasem, scrive:
È noto che in Italia ci sono circa 12-15000 ebrei ritornati dal campo di concentramento in Germania e la cui situazione è sempre molto triste dopo le terribili sofferenze. Hanno vissuto fino a qualche tempo fa in campi di concentramento in condizioni non del tutto sufficienti. Attualmente una gran parte di questi profughi vive in grandi centri profughi nel sud Italia (pensiamo circa 7000) o in piccoli centri di rieducazione (agricoli o artigianali - più di 3000) o nelle grandi città, specialmente Roma e Milano (e Trieste circa 600). Vorremmo aumentare i centri di rieducazione nelle diverse parti d'Italia per far tornare alla vita normale e sana questi nostri fratelli che hanno sofferto così a lungo e così terribilmente. 3
E, a proposito di questi centri, dalla Delasem suggerivano di creare nei campi sale di riunione e biblioteche, attrezzandole magari con mobili requisiti anche a strutture militari dismesse.
La risposta, firmata da Paolo Sorieri, il diretto collaboratore di Keeny in quanto vice-capo della Missione italiana dell'UNRRA, non interviene sulle cifre citate da Sorani, ma risulta ugualmente interessante, per le precisazioni relative alla natura dei rapporti che l'UNRRA manteneva con le agenzie di assistenza e per la definizione dei limiti delle responsabilità che il mandato imponeva.
Abbiamo discusso - scrive Sorieri - questi problemi in diverse occasioni con il signor Brook e con il signor Reanik dell'AJDC, che è responsabile del coordinamento delle richieste delle varie agenzie interessate all'assistenza ai rifugiati ebrei. Per questo motivo è stato concordato che tutte queste richieste siano inviate attraverso l'AJDC per essere riferite all'UNRRA, in modo che la loro validità possa essere verificata e per evitate duplicazioni. Come sapete, stiamo gestendo campi per sfollati in Italia e saremo presto responsabili di molti campi che sono ora sotto la giurisdizione della Commissione Alleata. Dal momento che forniremo un'adeguata assistenza agli sfollati ammissibili all'assistenza UNRRA, la nostra responsabilità primaria, dal punto di vista delle forniture e delle attrezzature, è per i nostri campi. Abbiamo anche un programma - che però sarà sempre più limitato - dedicato agli sfollati idonei per i quali l'assistenza nei campi non è indicata. Non possiamo considerare appropriato requisire o affittare una proprietà se non per quelle operazioni per conto degli sfollati di cui siamo direttamente responsabili. 4
Poche settimane dopo, il 26 febbraio del 1946, Maurice Rosen, funzionario dell'UNRRA, in occasione della visita in Italia del comitato anglo-americano che indagava sulla condizione degli ebrei europei, prepara, per Keeny un lungo memorandum sulla presenza degli ebrei stranieri in Italia a quella data. Per renderla nella sua completezza, l'autore ricostruisce le varie fasi del loro ingresso, a partire da coloro che da decenni si erano stabiliti nella penisola. Questo gruppo di emigrati prebellici o, meglio, quelli di loro che sono sopravvissuti alle persecuzioni ed alle deportazioni, secondo l'autore si sta gradualmente riadattando alle condizioni del dopoguerra in Italia e dovrebbe perdere molto presto, se non l'ha già fatto, qualsiasi titolo a una considerazione speciale come sfollati non italiani.
Un secondo gruppo che rimane, invece, di competenza dell'UNRRA è costituito da ebrei che, paradossalmente, trovarono nell'Italia fascista una sorta di rifugio dalle persecuzioni naziste a partire dal 1933. Di questo gruppo Rosen mostra di conoscere la provenienza, le motivazioni, le vicende, comprese quelle vissute durante il periodo dell'internamento nei campi fascisti - rese in maniera piuttosto edulcorata ad avviso di chi scrive - e quelle drammatiche affrontate durante gli anni della persecuzione nazifascista.
Rimangono oggi in Italia circa 50005 di questi ebrei europei della classe media. La loro età è di cinquant'anni e ci sono pochi nuclei familiari e pochissimi figli. Molte di queste persone vivono ancora negli sperduti villaggi di montagna dove sono state trovate al momento della liberazione. Si tratta di autentici rifugiati e la loro vita attuale è abbastanza pietosa. La maggioranza non è stata in grado di sviluppare una base economica per la loro (sic) esistenza in Italia, e molti sono distrutti nella salute e nello spirito. La maggior parte di loro, per ovvie ragioni, non è ancora disposta a tornare nei paesi ex nemici o occupati dal nemico in cui sono stati così recentemente perseguitati. Non tutte queste persone esprimono il desiderio di emigrare in Palestina. Alcuni hanno parenti in America o nell'Impero britannico e parlano di emigrare lì. 6
Dall'aprile del 1945 la maggior parte di loro riceve assistenza fuori dai campi dall'UNRRA sotto forma di denaro mensile e, nella maggior parte delle aree, cibo, cure mediche e vestiario.
Il terzo e più numeroso gruppo di sfollati ebrei non italiani - prosegue Rosen - arrivò in Italia tra giugno e novembre 1945: circa 17.000 giovani ebrei, uomini e donne, dai sedici ai trent'anni, entrarono in Italia dal nord. Erano per lo più di origine polacca, ma tra loro non mancavano ungheresi, rumeni e baltici. Di questi Rosen descrive tutte le sofferenze, ma mette anche in rilievo che molti di coloro che erano riusciti a sopravvivere avevano coltivato, anche durante la prigionia nei lager, la volontà, una volta liberati, di trasferirsi in Italia da dove imbarcarsi per raggiungere quella che consideravano la loro vera patria, cioè la Palestina. Né la Displaced and repatriation Sub-commission of the intergovernamental Committee on Refugee alleata e né l'UNRRA erano preparati a gestire questo afflusso inaspettato. In più gli Alleati insistettero per classificare queste persone come clandestini, entrati illegalmente in Italia, costringendo l'UNRRA, che, invece ne certificava l'ammissibilità, ad assisterli al di fuori dei campi.
Tuttavia, prosegue sempre Rosen, le condizioni di vita nei campi profughi in Austria e Germania cominciano ad essere migliorate, e, contemporaneamente sono stati rinforzati i controlli alle frontiere tra l'Italia e il nord. Questo, oltre alla diffusione di informazioni che indicano che l'Italia non è una porta aperta verso la Palestina come ci si aspettava, sembra far diminuire il numero degli ingressi.
La relazione si chiude con la speranza che, nonostante le difficoltà poste dalle DPs ebree, l'UNRRA continuerà i suoi sforzi per mantenere un pieno scambio di informazioni tra i rappresentanti dei vari governi e i loro cittadini di fede ebraica che sono sfollati in Italia al fine di agevolare, ove possibile, il loro rimpatrio. 7
Una speranza, quella di Rosen, che per la rigidità delle quote di immigrazione verso mete diverse dalla Palestina che pure venivano scelte tra le opzioni di ricollocamento e la complessità delle pratiche richieste, si dimostrerà molto difficile da realizzare.
Le vie seguite dalle DPs per entrare in Italia dalla Germania e dall'Austria sono ampiamente descritte nella ricerca di Cinzia Villani. 8 Dai documenti dell'UNRRA, tuttavia ne emerge anche un'altra, quella di Susak, già usata dagli ebrei in fuga da ustascia e nazisti durante l'occupazione della Jugoslavia, che, a guerra finita, torna ad essere percorsa - spesso come anni prima invano - da ebrei ancora in fuga.
Ne è testimonianza uno scambio che, nel mese di giugno del 1946, avviene a proposito proprio di un gruppo di questi ultimi.
Il 18 maggio del 1946 Michail Sergeisich - Capo della Missione in Yugoslavia - invia a Conrad Van Hyning, - Direttore Welfare and Repatriation dell'E.R.O - una lettera ricevuta dal Governo della Jugoslavia avente per oggetto: Rimpatrio di Ebrei
1) Secondo le istruzioni che abbiamo ricevuto da voi già nel 1945 - scrive la funzionaria - abbiamo rimpatriato gli ebrei sfollati in quel paese, dove desideravano stabilirsi. Gli ebrei che sono transitati nel nostro paese, li abbiamo rimpatriati per l'Italia.
2) Ora però siamo informati che essi vengono rimandati indietro dalle autorità britanniche che non permettono loro di entrare in Italia.
3) Siccome abbiamo ricevuto istruzioni da voi per il trattamento di queste persone, vi chiediamo informazioni su dove dobbiamo mandare gli ebrei che stanno transitando nel nostro paese. 9 Gradiremmo avere tutte le informazioni che potete fornirci sui fatti del secondo paragrafo. Nel caso in cui questi fatti causino serie difficoltà, ci consigliate quale disposizione può essere presa per coloro che desiderano ancora essere rimpatriati in Italia.
Il 10 giugno Antonio Sorieri gli risponde, precisando quali siano le regole di ingresso degli stranieri in Italia e quale sia l'unico compito che può svolgere la Missione.
Poiché il rilascio dei Permessi delle Forze Alleate per entrare in Italia è stato interrotto il 25 marzo 1946, l'attuale procedura da seguire per i non italiani per il permesso di entrare o transitare in Italia è la seguente
1) INGRESSO: I non italiani possono entrare in Italia solo se hanno ottenuto il permesso dal governo italiano. La domanda deve essere presentata nel paese in cui i richiedenti risiedono attualmente;
2) TRANSITO - i visti di transito sono rilasciati dal governo italiano solo alle persone il cui ingresso nel paese di destinazione finale è stato concesso dal governo interessato;
3) Pur comprendendo che le persone in paesi in cui non esistono strutture consolari non possono naturalmente presentare domande di ingresso in Italia, si rammarica che questa Missione non sia disposta ad intervenire presso il governo italiano per ottenere privilegi di ingresso per persone non italiane.
4) Nei casi di transito, tuttavia, questa Missione è disposta a richiedere al governo italiano il rilascio di visti di transito, a condizione che sia garantita l'autorizzazione all'ingresso della persona interessata

La lettera arrivata dalla Jugoslavia viene inviata anche a Selene Gifford, Direttore della Commissione Welfare and Repatriation , che, a sua volta, la fa pervenire anche a Keeny.
A questo punto è ancora una volta Sorieri a chiarire tutta la questione con una nota che viene riportata per intero perché il suo contenuto, pur trattando un argomento specifico rimanda all'atteggiamento generale dall'UNRRA nei confronti della posizione giuridica delle DPs ebree.
Siamo piuttosto confusi dal memorandum che avete scritto, nel quale avete citato le informazioni ricevute dalla missione jugoslava riguardo al movimento delle DPs ebree dalla Jugoslavia all'Italia […] Ovviamente, c'è confusione tra rimpatrio e reinsediamento. Non si capisce come la missione jugoslava voglia mandare in Italia, se non con un permesso speciale degli alleati o del governo italiano, delle displaced persons che non hanno la cittadinanza italiana. La nostra ipotesi è che ogni paese sia responsabile della cura e del rimpatrio delle DPs in quel paese. Per molto tempo la politica dell'Allied Force Headquarters è stata che nessuna displaced person sarebbe stata ricevuta in Italia a meno che non si trattasse di un movimento autorizzato verso il proprio paese o verso un paese in cui dovevano essere ufficialmente reinsediati. Questa è stata purtroppo la politica di questa Missione, e avremmo assunto questa posizione anche se gli alleati non l'avessero fatto. La questione è ulteriormente complicata dal fatto che le displaced persons che arrivassero via terra dalla Jugoslavia all'Italia dovrebbero passare attraverso un territorio conteso che è sotto occupazione militare. Alla luce della politica dell'Allied Force Headquarters, le autorità militari della regione non permetteranno il passaggio a nessun gruppo che non sia stato autorizzato da esso stesso e/o dal governo italiano o dalla missione italiana dell'UNRRA. Non sappiamo a quale gruppo in particolare si riferisca il memorandum, ma naturalmente non sarebbe permesso loro di attraversare il territorio discusso verso l'Italia se non alle condizioni descritte. Il problema, naturalmente, è stato ancora più sentito per quanto riguarda l'infiltrazione non autorizzata in Italia di DPs ebree e ogni sforzo è stato fatto da ogni autorità in Italia per scoraggiare tali movimenti. […] Il memorandum dalla Jugoslavia si riferisce a istruzioni dell'ERO10 nel 1945, ma difficilmente posso credere che, data la vostra conoscenza della politica qui, avreste approvato tale movimento. La prego di informare la Missione jugoslava della politica dell'AFHQ e della nostra posizione in materia, in modo che in futuro non ci sia confusione11
Nonostante la decisa opposizione dei governi e della stessa UNRRA che emerge dal documento appena citato, il resoconto mensile dell'ufficio registrazione e rimpatrio della Displaced Division dell'UNRRA compilato nell'agosto del 1946 segnala un consistente aumento in Italia del numero delle DPs registrate dall'Amministrazione e in particolare di quelle ebree le quali nella quasi totale maggioranza si oppongono al rimpatrio.
La tabulazione finale dei 19.231 moduli REOC12 - vi si legge - è stata completata durante questo periodo e le cifre risultanti sono state cablate a Londra. La prima classificazione ha rivelato che 17.489 sono ebrei. Questa cifra è suddivisa in 11.269 maschi e 6200 femmine. La parte dell'indagine che riguardava l'intenzione di rimpatrio o emigrazione di queste 19.231 displaced persons ha rivelato due elementi importanti: a) solo 755 del totale desiderano tornare nei paesi di origine o al luogo di precedente residenza; b) i restanti 18.476 non desiderando il rimpatrio e ben 12.200 hanno espresso il desiderio di andare in Palestina. L'analisi effettuata per accertare il numero degli ebrei inabili ha mostrato che 1741 rientravano in questa categoria.
La relazione riguardante il mese di novembre del 1946, invece, fornisce i dati riguardanti gli ebrei assistiti "out camps" dall'UNRRA. L'analisi che viene fatta di questo particolare gruppo giustifica, come si vedrà, il titolo del paragrafo che la contiene e che recita: Relazioni con il governo italiano dal momento che, come viene premesso, i risultati vengono resi noti al fine di fornire una base di discussione con il governo italiano sulle possibilità di reinsediamento del gruppo in Italia.
Trattando questo punto, l'estensore mette in rilievo il fatto che su un totale di 6951 persone iscritte nelle liste di assistenza, 2771 persone, ovvero il 40% del totale, sono sopravvissuti all'internamento fascista italiano. 13 La maggioranza di queste persone vive in Italia da tre o più anni e quindi, presumibilmente, parla la lingua italiana e si è già inserito nell'economia del paese. Questo è ulteriormente dimostrato dal numero di matrimoni con italiani (246), di figli nati in Italia (501) e di studenti nelle scuole superiori italiane. Oltre a ciò, l'analisi fornisce una serie di altre informazioni, compresi i dati sulla nazionalità, la distribuzione e le statistiche di occupazione per regione, il tipo di permesso di soggiorno in Italia ricevuto.
Queste persone, su richiesta e dopo un breve periodo di attesa, potrebbero esercitare il diritto alla cittadinanza italiana, in base ad un accordo tra il governo italiano e le autorità militari alleate. 14
Dovrebbe essere quindi possibile - secondo l'estensore della relazione - per il governo italiano, o altre agenzie interposte, affrontare i problemi di questo gruppo, i cui componenti sono vittime sofferenti della persecuzione nazifascista, in modo positivo e costruttivo. 15
Per quanto riguarda gli ingressi, continuano quelli delle displaced persons provenienti dall'Austria.
La popolazione dei campi durante il mese, ha raggiunto il numero di 12.500, numero massimo nel quarto trimestre del 1946. Continuano, perciò, gli sforzi per mettere a disposizione spazio sufficiente nei campi e per effettuare il trasferimento a nord della popolazione del campo di Lecce. a lungo differito, per provvedere nuovi arrivati durante il mese (quasi 100 al giorno).
Nuove cifre vengono fornite nel mese di gennaio del 1947:
Le displaced persons ebree assistite dell'UNRRA in Italia sono 22516, così suddivise: 10672 nei campi, 11843 sono fuori dai campi (comprese le hachsharoth).
E nel mese di marzo dello stesso anno il totale ammonta a 22443, di cui 12318 nei campi, 10125 fuori dai campi16
L'ultima relazione prodotta negli uffici della divisione Displaced persons, risale al mese di giugno del 1947, l'ultimo di funzionamento per la Displaced persons division, ed è intitolata: Report narrativo operazioni displaced persons - Italy
Che sia l'ultima lo si evince dall'incipit che recita:
La costituzione dell'IRO in Italia occupa il primo posto nel nostro lavoro poiché le grandi questioni di razioni, approvvigionamenti, in particolare per quanto riguarda la benzina, occupano praticamente tutta l'attenzione del capo missione, che sta portando avanti costanti trattative con le autorità italiane.
Il documento non contiene statistiche riguardanti le displaced persons ebree, ma solo informazioni relative ai rimpatri effettuati durante il mese oggetto della relazione, a quelli che sono in preparazione, ai ricollocamenti resi possibili dai contatti con i consolati.
Appaiono comunque interessanti l'annotazione del numero - 30 - delle displaced persons che hanno chiesto la cittadinanza italiana e quella riguardante il caso di 28 professori universitari italiani rimessi sulla loro cattedra in Italia e segnalati dal Ministro degli Affari Esteri italiano come "perseguitati" [le virgolette sono nel testo] per far loro ottenere la necessaria assistenza per il loro ritorno in Italia. 17


1 Displaced Persons Operations - Italy - Jewish Refugees - UNARMS L'intestazione della relazione risulta tagliata e la firma dell'autore illegibile
2 Displaced Persons Operations - Italy - Jewish Refugees - UNARMS
A riprova di quanto sosteneva Nahon, un documento che testimonia della chiusura generale del governo inglese verso l'emigrazione nei propri territori ed in quelli degli Stati appartenenti a Commonwealth, una nota inviata al Quartier generale del campo di Lecce da Louis Varrichione , vice-capo della della sezione DPs Operation il 13 settembre 1945
Da un'indagine effettuata presso l'ambasciata britannica è emerso che per il momento non saranno accettate domande di immigrazione in nessuna parte dell'impero britannico. È stato dichiarato che, a meno che non si ricevano istruzioni contrarie, sarà del tutto inutile presentare domande perché i consolati non sono in grado di accettarle. Potrebbe essere consigliabile far conoscere questa informazione nel campo.
Il documento si trova in Displaced Persons Operations - Italy - Emigration - UNARMS
3 Displaced Persons Operations - Italy - Jewish Refugees - UNARMS
4 Displaced Persons Operations - Italy - Jewish Refugees - UNARMS
5 In realtà, come si vedrà di seguito, la cifra fornita risulta sovradimensionata.
6 Cfr i dati contenuti nella prima parte della ricerca.
7 Displaced Persons Operations - Italy - Jewish Refugees - UNARMS
8 Cinzia Villani, Infrangere le frontiere. L'arrivo in Italia delle displaced persons ebree 1945-1948 cit.
9 Displaced Persons Operations - Italy - Jewish Refugees - UNARMS
10 L'ERO (European Regional Office), cioè il quartiere generale europeo dell'Unrra, fu attivato a partire dal 1° febbraio 1944 su iniziativa, presa nel dicembre 1943, della direzione generale dell'Unrra. All'Ero vennero affidate aree di intervento che includevano amministrazione, rifornimenti, servizi e assistenza alle DPs.
11 Tutta questa corrispondenza è riportata in Jewish Refugees in Yugoslavia - UNARMS
12 La sigla REOC nel linguaggio militare indica un Regional Emergency Operation Center. Viene usata all'interno dell'UNRRA , probabilmente, per indicare le DPs regolarmente registrate
13 La cifra potrebbe avvicinarsi alla realtà: dal database pubblicato su questo sito risultano essere 3402 gli ebrei stranieri internati che erano presenti in Italia dopo la fine della guerra.
14 Non è stato possibile, allo stato delle ricerche, rinvenire il testo dell'accordo citato. Una traccia della sua esistenza (o della promessa fatta?) si rinviene in alcuni fascicoli personali di assistiti dall'IRO, sotto forma di accenno alla domanda presentata e all'attesa di una eventuale risposta positiva.
15 Displaced Persons Division - UNARMS
16 Displaced Persons Operations - Italy - Statistics - UNARMS
17 Displaced Persons Division - UNARMS

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