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Scheda storica - Le annessioni territoriali e la politica antiebraica in Ungheria

Tra le migliaia di ebrei stranieri internati durante il periodo bellico, pochissimi provenivano dall'Ungheria o avevano la cittadinanza ungherese. La stessa circolare che disponeva l'internamento, prevedeva per quelli di loro che nel 1940 si trovavano in Italia, l'allontanamento, non l'internamento.
La constatazione, invece, che la gran parte delle lettere dirette agli internati rinvenuta nel fascicolo, sia scritta in lingua ungherese e la contemporanea verifica della cittadinanza degli stessi, risultata cecoslovacca, ha spinto a ricercare l'esatta collocazione geografica delle località da cui esse erano state inviate.
Si è così potuto verificare che queste erano, in maggioranza, situate nei territori che l'Ungheria aveva dovuto cedere a seguito della sconfitta subita dalla monarchia austro-ungharica nella prima guerra mondiale.
I nuovi confini dell'Ungheria furono delineati dal Trattato del Trianon concluso il 9 giugno del 1920. Alla monarchia ungherese vennero tolti :
- la Slovacchia, che divenne parte della Cecoslovacchia, la Rutenia subcarpatica, che divenne parte della Cecoslovacchia;
- la Transilvania, che divenne parte della Romania;
- la Slavonia e la Vojvodina, che si unirono all'appena costituito Regno dei Serbi;
- la città di Fiume che, dopo varie vicissitudini, fu annessa al Regno d'Italia nel 1922.
L'Ungheria dovette cedere così ad altri stati oltre 3 milioni di propri cittadini: un milione e mezzo alla Romania, quasi un milione alla Cecoslovacchia, e 500 mila alla Iugoslavia.
Per l'Ungheria il trattato del Trianon rappresentò una ferita profondissima e il suo obiettivo, negli anni successivi fu quello di arrivare alla sua revisione. A battersi contro le decisioni del trattato fu soprattutto il regime di tipo autoritario, se non propriamente fascista imposto dall'ammiraglio Horty fin dal 1932.
L'occasione perché i suoi esiti potessero essere cancellati si presentò nel 1938.
A seguito della conferenza di Monaco dell'ottobre del 1938, che aveva legittimato l'appropriazione da parte della Germania dei Sudeti, il governo ungherese, non alleato, ma molto vicino ideologicamente al Reich, intravide la possibilità di riappropriarsi, a sua volta, delle regioni che aveva perso.
Il documento conclusivo della Conferenza di Monaco aveva stabilito che le questioni sollevate dalle minoranze ungheresi residenti in particolare in Cecoslovacchia andavano risolte direttamente dalle due nazioni interessate.
I negoziati, però, non portarono ad un accordo, così Cecoslovacchia ed Ungheria si rivolsero alla Germania e all'Italia con la richiesta di un arbitrato che è passato alla storia con il nome di Primo arbitrato di Vienna. Le richieste del governo ungherese, d'altronde, contribuivano allo smembramento della Cecoslovacchia in atto, per cui esse furono facilmente accettate.
Poche settimane dopo, l' Ungheria invase la Rutenia, un altro dei territori che le erano stati tolti venti anni prima e ne proclamò l'annessione, ugualmente accettata da Germania e Italia.
La più estesa delle regioni rivendicate dall'Ungheria era, però, la Transilvania, assegnata, nel 1920, alla Romania. A seguito di un secondo arbitrato svoltosi, come il primo, a Vienna, nell'agosto del 1940, anche questa regione fu restituita all'Ungheria.
Ormai legata all'Asse, l'Ungheria nell'aprile 1941 partecipò all'aggressione militare contro la Jugoslavia, recuperando le zone nelle quali risiedevano minoranze ungheresi, in particolar modo la Vojvodina. Nel giugno dello stesso anno l'alleanza con la Germania fu resa definitiva con la partecipazione dell'esercito magiaro all'invasione dell'Unione Sovietica.
Per ottenere l'appoggio della Germania, ancor prima di piegarsi ad una alleanza vera e propria, il governo ungherese utilizzò la ripresa della politica antiebraica iniziata già nel 1920, alla quale, peraltro, era favorevole una larga parte della popolazione.
Agli ebrei , infatti, erano state imputate la sconfitta militare nella prima guerra mondiale, la conseguente perdita di larga parte del territorio nazionale e le crisi sociali che ad essa erano succedute. La loro presenza nelle attività economiche fu ritenuta sproporzionata rispetto al loro numero e così cominciarono ad essere fissate delle quote che ne limitavano l' inserimento nei vari settori amministrativi e produttivi.
Solo nell'aprile del 1938, tuttavia, proprio in concomitanza con l'inizio delle rivendicazioni territoriali, il Parlamento magiaro varò la prima vera e propria legge antisemita (detta Prima legge ebraica).
Il provvedimento riduceva al 20 per cento la presenza degli ebrei nelle professioni liberali, nelle belle arti, nella classe dirigente, nell'industria e nel commercio. La Seconda Legge sugli Ebrei, varata nel 1939, oltre a restringere ancora di più le possibilità lavorative, introdusse una nuova definizione del termine. Erano così colpiti da questa nuova legge anche gli ebrei che avevano lasciato la loro religione dopo aver compiuto i sette anni d'età.
Nel maggio 1941, in concomitanza della partecipazione dell'Ungheria all'invasione della Jugoslavia, veniva varata la Terza Legge Ebraica, la più dura e mortale tra quelle emanate fino a quel momento.
La definizione del termine "ebreo" data da questa legge era ancora più ampia di quella nazista il che comportò un ulteriore inasprimento dell'esclusione sociale e della persecuzione dei diritti.
Nonostante ciò, nella primavera del 1942, periodo in cui le lettere che qui si presentano vengono inviate, le istituzioni ebraiche potevano ancora operare e gli ebrei ungheresi godevano di una certa libertà personale. La caratteristica della persecuzione degli Ebrei d'Ungheria fu , infatti, quella di una continua oscillazione tra periodi di estremismo e periodi di relativa calma, e questo indusse la Comunità ebraica a credere, sino all'ultimo momento, di essere in qualche modo più "protetta" rispetto agli ebrei delle altre nazioni europee finite nell'orbita del Reich.
Essi, così, continuarono a sentirsi relativamente al sicuro nel loro Paese, nonostante i molti segnali che avrebbero dovuto allarmarli, tra i quali le stragi di cui si resero responsabili le autorità civili e militari ungheresi proprio nei territori appena riconquistati.i
Le leggi antiebraiche promulgate negli anni precedenti, infatti, oltre che da tutti gli altri ambiti economici, escludevano gli ebrei dal servizio militare, ma nel contempo prevedevano l'obbligo di contribuire alla difesa della nazione, nei limiti delle proprie capacità fisiche e mentali, unito a quello di prestare servizi di pubblico interesse per un periodo massimo di tre mesi con la stessa paga e lo steso equipaggiamento dei soldati, ma senza l'uso delle armi.
Gli ebrei esclusi dall'esercito vennero inquadrati nei "Battaglioni di lavoro", inizialmente per un periodo di sei mesi, che, in seguito, diventò di due anni. Nell'aprile del 1942 50.000 Ebrei inquadrati nei "Battaglioni di lavoro" seguirono l'esercito ungherese che combatteva in Ucraina.
Essi furono utilizzati nei compiti più pericolosi: costretti a sminare a mani nude i campi minati, a trasportare materiali, a costruire fortificazioni senza strumenti adatti.
Durante la ritirata seguita alle sconfitte subite dall'esercito ungherese, moltissimi morirono per la fame e il freddo, oltre che per le violenze subite da parte degli stessi tedeschi. Secondo i dati ufficiali di 37.200 Ebrei inviati in Unione Sovietica 25.456 vennero uccisi, feriti o risultarono dispersi al ritiro delle truppe ungheresi dal fronte.ii
Il 19 marzo 1944, temendo che gli ungheresi si sganciassero unilateralmente dal conflitto, Hitler ordinò l'occupazione del Paese. Contemporaneamente, Adolf Eichmann fu inviato a predisporre la "soluzione finale" anche per gli ebrei ungheresi.
Il Paese fu diviso in sei zone, la prima delle quali era costituita proprio dai territori di nuova annessione, nelle quali, come operazione preliminare fu ordinata la ghettizzazione, mentre le Croci frecciate, il movimento filonazista ormai al potere, perpetrava stragi nella stessa Budapest. Nell'estate dello stesso anno iniziò la deportazione nel campo di sterminio di Auschwitz.




i Le stragi furono compiute nella località oggi ucraina di Kamenets-Podolsk e nella città di Novi Sad, in Serbia. La prima avvenne nell'agosto del 1941 e colpì gli ebrei con cittadinanza straniera presenti sul territorio magiaro. Il governo ungherese stabilì che tutte le persone di dubbia cittadinanza avrebbero dovuto essere espulse dalla Rutenia e consegnate alle autorità tedesche della Galizia orientale. Nella gigantesca retata che ne seguì caddero anche Ebrei ungheresi che non ebbero modo e tempo di dimostrare per tempo i loro diritti. Secondo i dati ufficiali vennero consegnati alle SS entro il 19 agosto 1941 15.567 Ebrei e, entro la fine dello stesso mese, altri 3.000. I nazisti li caricarono su camion e li trasportarono a Kamenets-Podolsk. Tra il 27 ed il 28 agosto gli Ebrei espulsi e gli abitanti ebrei di Kamenets-Podolsk vennero scortati da unità di SS e ungheresi fuori della città e vennero falciati a raffiche di mitragliatrice. La seconda avvenne a Novi Sad, nella regione serba della Vojvodina, occupata nel gennaio del 1942, da parte della Wehrmacht nazista appoggiata dell'esercito ungherese. Militari e gendarmi ungheresi trucidarono migliaia di civili serbi, ebrei , rom e partigiani. Fu una strage in funzione repressiva a seguitor alcuni episodi di resistenza. Gli ordini di Budapest erano formulati così: "Pulizia etnica e politica, ripulire Novi Sad da rifiuti e spazzatura".Cfr: Danilo Kiš, Alexandar Tišma, Novi Sad, i giorni freddi, ed. ADV 2012
ii Per le leggi antiebraiche e per la storia della Shoah in Ungheria cfr. principalmente il sito www.olocaustos.org a partire dalla pagina sull'Ungheria

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