I profughi nell'Italia Meridionale: Dalla Francia Fort Ontario: Indice La compilazione della lista

Walter Greenberg

Sono nato a Fiume, che si trova sul mare Adriatico e che all'epoca apparteneva all'Italia. Mio padre era originario dell'Austria, mia madre dalla Jugoslavia, e quando gli ebrei austriaci cominciarono a essere perseguitati, sono fuggiti in Italia.

A Fiume i miei genitori possedevano un piccolo albergo, ma ben presto dovettero lasciarlo. A quel punto già, i bambini ebrei non potevano nemmeno più andare a scuola.

I miei genitori sono stati fortunati perché riuscirono ad acquistare un visto per entrare in Cina che ci dava la possibilità di uscire dall'Italia ed abbandonare l'Europa.
La prima tappa del viaggio fu Bengasi dove abbiamo aspettato invano una nave che doveva portarci in Israele. Mentre eravamo lì, l'Italia entrò in guerra. Siamo stati messi in un campo di concentramento per sei mesi, e poi siamo stati portati in Italia. Siamo stati portati in prigione a Napoli.

Da lì siamo andati a Ferramonti, il più grande campo di concentramento in Italia che era in Calabria, e siamo rimasti lì per circa due anni. Mia madre vi ha preso la malaria.

Successivamente siamo stati trasferiti a Carsoli un paese in provincia dell'Aquila, a circa 100 chilometri a sud di Roma, in "confino libero": non era permesso lavorare, guadagnare soldi e bisognava presentarsi alle autorità due volte al giorno.
Devo dire che il popolo italiano è stato molto gentile nel suo complesso e che Ferramonti, anche se veniva chiamato campo di concentramento, non può essere paragonato a quelli nazisti.

Quando l'Italia capitolò e le truppe tedesche entrarono in Italia, a Carsoli c'erano 13 ebrei.

Una sera tutti noi ci siamo riuniti e siamo scappati in montagna, mentre i tedeschi che avevano occupato il paese ci cercavano. I contadini italiani sono stati molto gentili, erano molto buoni con noi e ci hanno aiutato dandoci vitto e alloggio e non solo. Un giorno, infatti, mio padre fu fermato da due carabinieri: non aveva carta di identità ed era ovvio che era ebreo. Scoperta la sua condizione, i due gli hanno detto: "Stiamo andando a farci un taglio di capelli e, quando usciamo, non vogliamo vederti." Gli hanno davvero salvato la sua vita perché in quel momento, ogni Ebreo che era catturato, doveva essere consegnato ai tedeschi per essere inviato nei campi di sterminio.

Saputo che Roma era stata liberata, abbiamo camminato fino alla strada principale e soldati americani in camion ci hanno portato a Roma. Quando mia madre andò per registrarsi nel campo profughi ha trovato qualcuno che conosceva mio zio che lei pensava essere morto in Jugoslavia e che, invece, era lì anche lui sopravvissuto. Ci siamo riuniti e lui ci ha informato che gli americani stavano prendendo un migliaio di persone per portarli negli Stati Uniti dove sarebbero rimasti per tutta la durata della guerra. C'era una lista in cui si poteva mettere il proprio nome. I miei genitori lo hanno fatto e due settimane dopo eravamo sulla SS Gibbons, diretti ad Oswego.

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