Abstract Indice Rifugiati e displaced persons in Europa

PREMESSA METODOLOGICA

1 LA RICERCA

La presente ricerca nasce dalla scoperta dell'imponente opera di digitalizzazione e messa in rete dei documenti contenuti negli Archivi Arolsen nella sezione riguardante l'attività dell'Organizzazione Internazionale dei Rifugiati, (in sigla IRO) che, dopo i lavori di una Commissione Preparatoria (In sigla PCIRO) iniziati già nel 1946, a partire dal mese di luglio del 1947, aveva assunto ufficialmente il mandato di assistere e ricollocare rifugiati e displaced persons che la guerra e le persecuzioni avevano strappato dai luoghi della loro abituale residenza.
Tra di essi c'erano anche gli ebrei, scampati alla deportazione o ad essa sopravvissuti, che avevano come unico obiettivo quello di ricostruire, per quanto possibile, la loro vita lontano dall'Europa, ed è sulla loro presenza e sulle loro vicende che si è focalizzata la ricerca.
I loro documenti - insieme a quelli di tutte le altre tipologie di rifugiati e di displaced persons - sono conservati in tre diverse sottosezioni - Germania, Austria, Italia - coincidenti con le nazioni nelle quali si trovavano i campi di accoglienza dell'Organizzazione.
Nel progetto originario questa ricerca avrebbe dovuto riguardare esclusivamente gli ebrei stranieri che durante la guerra erano stati internati in Italia o nei campi di internamento istituiti dagli italiani nei territori della ex Jugoslavia durante l'occupazione i cui fascicoli personali erano stati individuati ed estratti per primi dalla sottosezione documenti dell'I.R.O. prodotti in Italia.
L'obiettivo era quello di colmare le lacune presenti nella documentazione italiana che troppo spesso non va oltre il 1944-45 per quanto riguarda le informazioni sui luoghi in cui quelli di loro che erano scampati alla deportazione si trovavano dopo la fine della guerra.
Procedendo in questo lavoro, tuttavia, è apparso sempre più evidente che anche i documenti riguardanti gli altri ebrei stranieri che avevano richiesto l'assistenza dell'I.R.O. - cioè quelli che, dai campi presenti in Germania e Austria, erano passati in Italia a partire del 1945 con la speranza di poter emigrare verso altre nazioni o quelli che, rientrati in patria, ne erano di nuovo fuggiti, con la medesima speranza - erano altrettanto ricchi di informazioni e di storie.
Del resto, i motivi per cui essi, anche dopo che la guerra era finita, entravano clandestinamente in Italia risultavano molto simili a quelli che avevano condotto nella penisola migliaia di ebrei stranieri dieci e più anni prima.
La ricerca, quindi, pur occupandosi, nella sua seconda parte, di un argomento che si pone al di fuori degli ambiti del progetto iniziale dal quale nasce il sito nel quale viene pubblicata, trova in esso stesso le proprie radici, riprendendone sia gli obiettivi che il metodo di lavoro.

1.1 La fase preliminare

Questa fase ha avuto due passaggi. In primo luogo sono state consultate le ricerche già svolte sulla presenza in Italia dei rifugiati e delle displaced persons , in particolare degli ebrei stranieri nel periodo che va dalla fine del 1943 al 19511 .
Da esse - e da qualche ulteriore pista di ricerca da essi ricavate - sono state tratte le informazioni utilizzate nella prima parte del lavoro per una se pur sintetica ricostruzione del modo in cui venne risposto dal governo italiano alle loro necessità ed alle loro richieste nel periodo che va dal 1943 al 1946.
Per corrispondere all'obiettivo generale della ricerca, cioè quello di riportare alla luce - come attraverso l'uso di una lente di ingrandimento - il funzionamento dell'IRO in Italia e per gestire la mole delle informazioni contenute nella documentazione presente nella sezione specifica degli Arolsen Archives, si sono creati due database, uno relativo agli ex internati in Italia ancora presenti al momento in cui l'I.R.O. viene istituita, e l'altro, risultato molto più corposo, che contiene informazioni su tutti gli altri ebrei stranieri che in Italia arrivarono dopo di loro e che, come loro, chiesero assistenza prima all'UNRRA e, successivamente all'IRO. Le aree di indagine individuate per ambedue i gruppi - oltre ai dati anagrafici - sono: l'anno di ingresso in Italia, il numero dei familiari, l'eventuale deportazione, l'assistenza ricevuta prima della nascita dell'IRO, le mete richieste per l'emigrazione e l' esito delle richieste.
Il secondo database, pur relativo, come detto, ad un periodo che esula dall'area di interesse del sito, risulta comunque perfettamente in linea con il lavoro che viene svolto da anni: con la sua creazione e pubblicazione, infatti, prosegue e si arricchisce il recupero dei nomi degli ebrei europei vittime delle persecuzioni.

1.2 Le informazioni sull'IRO

L'IRO è la terza delle Agenzie che si occuparono delle Displaced Persons (in sigla DPs) man mano che i tedeschi, sconfitti, si ritiravano dai territori che avevano invaso. In un primo momento dovettero essere proprio i liberatori, con le loro strutture militari a doversi occupare dei bisogni di centinaia di migliaia di persone ormai senza più una casa, oppure impossibilitate a raggiungerla. Successivamente intervenne l'UNRRA, che si assunse il compito di prendersene cura, creando una apposita Displaced Persons Division , che, tuttavia ben presto rivelò i propri limiti organizzativi, proprio rispetto al ricollocamento delle DPs ebree affluite in Italia a partire dal 1945 e che fu sostituita dall'IRO a partire dal mese di luglio del 1947.
Il passaggio tra le due organizzazioni fu un'operazione molto complessa, ed è proprio per questo motivo che si è ritenuto indispensabile - nella seconda parte della ricerca - ripercorrerne le tappe utilizzando i documenti della Missione Italiana dell'UNRRA in generale, ma, soprattutto, quelli della Displaced Persons Division conservati presso gli Archivi delle Nazioni Unite e pubblicati in rete, recuperando al loro interno gli atti relativi alle DPs ebree.
L'utilizzo di questa documentazione - se pure in parte, considerata la sua mole - ha consentito di evidenziare gli elementi di continuità tra le due organizzazioni, ma anche le difficoltà che l'UNRRA aveva dovuto affrontare ed i problemi che non era riuscita a risolvere.
Per rendere con immediata evidenza le ragioni che spinsero il governo degli Stati Uniti a sospendere l'attività dell'UNRRA e a favorire la nascita di un nuovo organismo che agisse, come segnala il suo stesso nome, su base internazionale, sono stati riportati nella loro interezza i tre principali atti costitutivi dell'IRO. Con questa scelta si è inteso sottolineare che:
a) l'IRO nasce come organismo a sé stante e non più collegato alle strutture militari alleate, a differenza delle modalità di azione dell'UNRRA.
b) gli accordi stipulati tra gli Stati che vi aderirono consentivano, se pure ancora con molta fatica, di affrontare il primo dei problemi che le Displaced Persons ponevano, cioè quello dell'ampliamento delle quote di immigrazione consentite fino ad allora dagli stati aderenti, per favorire il loro ricollocamento, problema che riguardava gli ebrei presenti nei campi, sopravvissuti alla Shoah e tutti fermi nella loro intenzione di allontanarsi dall'Europa.
Erano molte le questioni che il nuovo assetto geopolitico venutosi a determinare nel dopoguerra rendeva ancora drammatica la loro condizione, prima fra tutte quella dei rapporti con gli Stati dell'Europa dell'Est dai quali provenivano quasi tutte le Displaced Persons che stavano entrando nell'orbita sovietica e nei quali, tra l'altro, l'antisemitismo non era del tutto scomparso e quella rimasta irrisolta del mandato inglese sull'allora Palestina che manteneva tutte i limiti imposti già prima della guerra all'immigrazione ebraica su quel territorio.
Oltre a questi aspetti di sfondo, la lettura degli atti costitutivi dell'IRO introduce al metodo di lavoro con il quale l'Organizzazione operava ed ai criteri con i quali si decideva chi era un "genuine refugee" e quindi "eligible", cioè idoneo a ricevere tutti i servizi dell'I.R.O. o una loro parte, e chi, invece, risultava "not a genuine refugee" e la sua presenza in Italia poteva anche continuare, ma senza la sua tutela.

1.3 I documenti contenuti nei fascicoli personali

I fascicoli personali sono intestati a coloro che si rivolgevano all'Organizzazione per chiedere assistenza. Non tutti, però, conservano la stessa quantità di documenti.
Si va da quelli che contengono solo i moduli compilati all'atto della richiesta di registrazione nei campi gestiti dall'UNRRA, a quelli che partono dalla medesima richiesta rivolta alla Commissione preparatoria dell'IRO, a quelli in cui, insieme ai moduli che relativi ai primi due passaggi, ci sono quelli che documentano l'iscrizione all'IRO ed aprono il rapporto con questa organizzazione durato, a volte, fino al 1951, anno della sua smobilitazione.
I moduli di iscrizione sono diversi a seconda dell'organizzazione che li ha usati e le informazioni che vi vengono registrate diventano sempre più ampie con l'evoluzione della consapevolezza delle diverse situazioni dei richiedenti e dei problemi che esse pongono, per cui i più completi sono, naturalmente quelli approntati dall'IRO.
Le informazioni che i richiedenti assistenza debbono fornire riguardano i luoghi in cui il richiedente si è trovato negli ultimi dieci anni e per quale motivo, le organizzazioni da cui è stato assistito fino a quel momento, il lavoro che svolgeva, il tipo di lavoro che vorrebbe svolgere, le competenze generali, i documenti personali di cui è in possesso, se accetta il rimpatrio o vuole emigrare ecc.
L'IRO aggiunge a questo primo passaggio il Questionnaire, ovvero l'intervista - anche questa basata su domande prefissate - con la quale il richiedente ricostruisce la propria storia, riafferma la propria preferenza per quanto riguarda il proprio futuro ed espone le proprie obiezioni al rimpatrio. E' su questo documento che il funzionario dell'Organizzazione appone la propria valutazione e indica il tipo di intervento che essa è disposta a fornire.
I fascicoli più completi conservano anche i documenti relativi al rapporto che si instaura con l' Organizzazione stessa, ovvero le comunicazioni che l'I.R.O. invia ai richiedenti, la corrispondenza che intrattiene con altri suoi uffici, come quello principale di Bagnoli o con le altre organizzazioni di assistenza, italiane o internazionali e anche con il governo italiano.
L'approccio diretto al funzionamento dell'I.R.O. è stato realizzato attraverso l'analisi di una serie di documenti esemplari, Si è pensato ad una sorta di metafascicolo che consenta quasi di entrare negli uffici dell'Organizzazione e seguire tutte le sue procedure, tenendo conto anche delle variabili derivanti dalle singole storie ed esigenze personali.

2 GLI EBREI STRANIERI EX INTERNATI IN ITALIA E QUELLI PROVENIENTI DAI CAMPI GESTITI DA ITALIANI NELL'ALLORA JUGOSLAVIA

La prima parte della ricerca è dedicata all'assistenza ricevuta dagli ebrei stranieri ex internati ancora presenti in Italia ed è a sua volta, divisa in due parti.
La prima di queste riguarda il periodo che inizia dalle settimane immediatamente successive all'armistizio dell'8 settembre in cui la loro meta dopo la fuga o la liberazione dai luoghi di internamento era la Puglia, la regione in cui si trovavano i campi aperti dalla Displaced person sub commission alleata, passati successivamente all'UNRRA. In altre regioni accade che a fungere da campi di assistenza, sono quelli stessi istituiti dal fascismo per l'internamento degli ebrei stranieri, come Campagna e Ferramonti.
In particolare vengono esaminati i rapporti tra la commissione alleata, l'UNRRA e i governi italiani fino al 1946.
La seconda parte, invece ha come fonte i documenti conservati nei loro fascicoli negli Archivi Arolsen. Da essi vengono recuperate le storie riguardanti il periodo che va dall'8 settembre fino alla liberazione il che fa anche riemergere vicende interessanti, come la partecipazione di alcuni degli ex internati alla lotta di liberazione nell'Italia del centro-nord, o l'aiuto da essi ricevuto nel momento del maggior pericolo. Di seguito vengono esaminati i rapporti degli intestatari con l'IRO, relativamente a due punti nodali: il rifiuto del rimpatrio, e l'esito della richiesta di emigrazione.

3 DISPLACED PERSONS EBREE ENTRATE IN ITALIA DOPO LA FINE DELLA GUERRA

La terza parte del lavoro riguarda le DPs ebree che entrano in Italia a tra il 1945 e il 1951 segue le loro vicende in rapporto ai loro anni di ingresso ed alle organizzazioni che si occupano della loro accoglienza e delle loro richieste. E'per questo motivo, oltre che per quello indicato sopra, che si è ritenuto indispensabile partire dalla ricostruzione dell'attività della Displaced Persons Division dell'UNRRA sulla cui impostazione, oltre che sui suoi limiti nasce l'IRO.
Anche questa si divide in due parti. Nella prima viene ricostruita l'attività della DPs Division dell'UNRRA nei confronti delle DPs ebree entrate in Italia fino al suo scioglimento ed alla nascita dell'IRO.
Nella seconda si esaminano, sempre mantenendo la suddivisione in base agli anni, le vicende di alcuni gruppi di DPs suddivisi in base alla nazione (non alla nazionalità) così come si presenta negli Arolsen Archives la classificazione dei loro fascicoli o la "non classificazione" come avviene per il gruppo dei "not recorded" (non registrati).
Si è cercato, seguendo questa impostazione e grazie al database di portare alla luce analogie o differenze in vicende in apparenza tutte simili per le cause dalle quali sono state determinate e per gli scopi che chi le viveva cercava di raggiungere.
Determinanti si sono rivelati, anche in questa sezione, i documenti contenuti nei fascicoli personali, per la ricostruzione delle storie dei singoli.
Quando ritenuto necessario, esse sono state messe a confronto con la storia della persecuzione nella nazione dalla quale gli intestatari provenivano, altre volte, invece, il racconto di questa storia è stato lasciato proprio a loro, così come l'hanno testimoniata rispondendo alle domande contenute nei questionnaires.
Questa parte della ricerca avrebbe dovuto, anche in considerazione della mole dei documenti consultati, portare alla verifica degli effettivi risultati raggiunti dall'IRO, attraverso i dati relativi al rapporto tra le richieste degli assistiti e le risposte ottenute dell'IRO. In questo modo sarebbe stato possibile valutare l'efficacia dell'attività dell'Organizzazione e la corrispondenza al mandato che le era stato assegnato. Invece le informazioni estraibili dai documenti, più che fornire risposte, fanno emergere questioni ed interrogativi che rimangono, al momento, senza risposta.
Non è stato possibile, infatti, pervenire a quella che avrebbe dovuto essere la conclusione stessa di tutto il lavoro, ovvero l'individuazione di quanti riuscirono ad emigrare grazie all'I.R.O. e verso quali paesi.
Pochissimi sono infatti i fascicoli - anche i più ricchi di documenti - in cui sono presenti elementi che aprano a questo finale delle storie dei singoli.
Sono poche centinaia quelli che contengono delle veline/copie di documenti che lasciano supporre una partenza effettivamente avvenuta oppure contengono l'informazione dell'avvenuta emigrazione tramite un appunto apposto a mano ma, spesso, privo anche del nome della nazione verso la quale questa dovrebbe essere avvenuta.
In questo modo è venuta a mancare anche la possibilità di verificare il modo in cui l'attività dell'Organizzazione si inserisse all'interno delle posizioni di ciascuna nazione nei confronti dell'immigrazione delle displaced persons sul proprio territorio rispetto al quadro politico generale che si stava delineando proprio negli anni in cui essa operava.
A rendere più difficile la valutazione dell'attività dell'IRO contribuisce anche l'alto numero di richiedenti assistenza che, dopo i primi approcci, interrompono il loro rapporto sia con l'UNRRA che con l'Organizzazione.
Questo numero risulta dai fascicoli che contengono solo i primi moduli compilati, a volte neppure nella loro interezza e dal numero delle persone che vengono dichiarate A.W.O.L. sigla che, nel linguaggio militare sta per away without offical leave, cioè assente senza il permesso, oppure "missing".
Il dato,inoltre, può diventare particolarmente interessante se lo si confronta con la meta indicata per l'emigrazione.
La maggioranza dei richiedenti assistenza dichiarati A.W.O.L, infatti, avrebbe voluto raggiungere l'allora Palestina.
Va notato, inoltre, che questa scelta dei richiedenti, inserita nei moduli di iscrizione dell'UNRRA. veniva solo accompagnata dall'annotazione "non ha documenti", oppure "in attesa del visto" o anche rimaneva senza alcun commento e non risulta mai costituire un problema nella valutazione dell'idoneità all'emigrazione. La domanda che ci si pone è se esista un rapporto tra questo comportamento e un passaggio contenuto nell'introduzione all'allegato 1 aggiunto all'Atto Costitutivo che recita:
L'Organizzazione si sforzerà di svolgere le proprie funzioni evitando di turbare le relazioni amichevoli tra le nazioni ed eserciterà una vigilanza particolare nel caso in cui si potrebbe considerare il ristabilimento o la reinstallazione di rifugiati o di displaced persons sia in paesi limitrofi ai loro paesi d'origine, sia in qualunque territorio non autonomo. L'organizzazione terrà debitamente conto, tra gli altri elementi, di tutti i fattori che potrebbero rivelare qualche timore o legittima inquietudine da parte sia del paese d'origine delle persone interessate, sia delle popolazioni autoctone nel caso di territori non autonomi.
Ci si chiede, cioè, se questa enunciazione non sia scaturita da un compromesso con l'Inghilterra mandataria che porterà l'IRO a tenere, rispetto alle richieste di emigrazione verso Eretz Israel, un atteggiamento quasi "asettico", atteggiamento che trova conferma anche in uno dei passaggi conclusivi di quella che dovette essere la prima relazione presentata al Congresso degli Stati Uniti sull'attività dell'IRO nel 1947.
Gli ebrei sfollati credono profondamente e pervasivamente che non ci sia un futuro libero e decente per loro in Europa. Nelle condizioni attuali, la loro travolgente aspirazione è il reinsediamento in Palestina. Solo il 22% degli sfollati è ebreo. Tuttavia, fino ad oggi nei programmi di reinsediamento esistenti non è stato possibile reinsediare questa o anche una parte apprezzabile di sfollati ebrei nell'ambito di tali programmi di reinsediamento. Di conseguenza, se si potesse chiarire l'aspetto ebraico del problema, la soluzione del resto sarebbe grandemente facilitata. L'apertura della Palestina al reinsediamento degli sfollati ebrei spezzerebbe il lungo ingorgo. 2
Negli stessi anni in cui essa operava, è bene ricordarlo, erano numerose le partenze dai porti italiani organizzate dalla Alyah Bet il che induce a porsi due domande:
a) le persone che desideravano raggiungere l'allora Palestina e che abbandonano l'IRO lo fanno perché ritengono l'Alyah Bet l'unico modo possibile di realizzare la loro aspirazione?
b) esistevano e, se sì, di che tipo erano, i rapporti tra l'IRO e gli organizzatori dell'Alyah Bet?

Conclusione

Quello appena citato è solo un esempio di tutti i limiti di una ricerca condotta - causa la chiusura degli archivi italiani nel periodo in cui è stata svolta a causa della pandemia - esclusivamente su documenti provenienti dalle due fonti accessibili on line - la cui attendibilità, tra l'altro, può essere confermata o smentita, ovvero contestualizzata, solo nei passaggi nei quali il richiedente assistenza ricostruisce la prima parte della propria storia, quella della persecuzione, mentre quella che inizia al momento della richiesta di aiuto rimane tutta o quasi a beneficio di chi, raccolte le informazioni, formula la propria decisione. A questo proposito vale la pena di riportare quanto si legge in un breve saggio rinvenibile sullo stesso sito degli archivi Arolsen. 1
L'autore, proprio a proposito dei documenti oggetto di questa ricerca, fa notare che sia i moduli di iscrizione che il Questionnaire, in quanto documenti strutturati, non sono documenti neutrali essendo stati creati per uno scopo ben preciso, cioè quello di verificare se il richiedente presentasse le caratteristiche rispondenti esattamente alle finalità che l'I.R.O. si proponeva. E' facile, quindi, immaginare che il richiedente, che si trovava oggettivamente in stato di bisogno, fosse portato a dare le risposte che ci si aspettava da lui e, probabilmente, a modificare alcuni aspetti della propria effettiva esperienza.
Ci troviamo, così, di fronte, ancora una volta a delle "vite di carta", quelle, cioè, che arrivano a noi attraverso i documenti, le "carte", sulle quali le autorità, anche quelle che, come in questo caso, hanno l'incarico di portare aiuto, ri/scrivono la vita di migliaia di individui.
Nonostante ciò, non è mancato il tentativo di praticare, ogni volta che è stato possibile, quell'approccio ai documenti che potrebbe essere definito "circolare" che consiste nel trasformare le informazioni che essi contengono in domande, le cui risposte - cercate in altri documenti o in fonti di tipo diverso - consentano di valutarne l'attendibilità rispetto anche al contesto storico nel quale si situano.
Questa procedura è stata più semplice per i documenti riguardanti gli ex internati in Italia o nei campi gestiti da italiani nell'allora Jugoslavia: la conoscenza approfondita - date le precedenti ricerche - del contesto storico nel quale si situano le loro vicende personali, ha fornito gli strumenti necessari all'analisi, alla comprensione, al controllo della veridicità di buona parte del loro contenuto.
Praticarla, invece, su quelli riguardanti gli ebrei stranieri entrati in Italia dopo il 1945, portatori di storie complesse che vanno inserite nel contesto molto più ampio degli avvenimenti bellici europei e in quello della Shoah in particolare avrebbe richiesto un lungo lavoro di approfondimento che, al momento, resta solo accennato.
Prima di chiudere, intendo ringraziare il mio amico Emil Lewinger, al quale si deve il controllo finale eseguito sul database relativo agli ebrei stranieri ex internati in Italia. Nella colonna evidenziata con un colore diverso, è presente il risultato della sua ricerca sull'effettiva meta dell'emigrazione di quelli che erano arrivati dall'Austria e dalla Jugoslavia.


1 Cfr: a) Cinzia Villani, Infrangere le frontiere. L'arrivo in Italia delle displaced persons ebree 1945-1948 (http://eprints-phd.biblio.unitn.it/354/1/Tesi_completa_pdf.pdf)
b) Federica Di Padova: I campi profughi per Jewish Displaced Persons in Italia tra storia, ricostruzione e memoria (1943-1951) consultabile alla pagina https://arts.units.it/retrieve/handle/11368/2951681/285624/tesi%20da%20caricare%20nuova%20versione%20pdf.pdf
c) Francesco Terzulli Torre Tresca a Bari un campo per Displaced Persons di lunga durata (1943-1950) in AAVV, Bari, Rifugio dei profughi nell'Italia libera - Campi e centri di raccolta tra emergenza e normalizzazione (1943-1951), Edizioni dal Sud 2018
d) Silvia Salvatici, Senza casa e senza paese. Profughi europei nel secondo dopoguerra, Il Mulino 2008
2 Societies and Associations - International Refugee Organization (IRO) - UNARMS 3 AKIM JAH Lavorare con documenti storici dell'Archivio Arolsen in un contesto educativo http://learning-from-history.de/International/content/14697

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