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RIFUGIATI E DISPLACED PERSONS IN EUROPA

I primi interventi (1943 - 1946)

Durante la seconda guerra mondiale e nel periodo dell'immediato dopoguerra avvenne uno dei maggiori spostamenti di popolazione della storia moderna. Molte furono le nazioni nelle quali questo fenomeno si manifestò, ma a preoccupare maggiormente le potenze Alleate, furono soprattutto gli spostamenti di centinaia di migliaia di persone all'interno del continente europeo, tragicamente devastato dalla guerra.
Questo fenomeno riguardava in primo luogo la Germania ed era il risultato del vasto trasferimento di popolazioni provenienti dai territori conquistati che il nazismo aveva iniziato all'inizio del 1942 per fornire manodopera per la propria industria bellica, per le fattorie e per le costruzioni militari.
Alla massa dei lavoratori coatti si aggiungevano i prigionieri di guerra, gli ebrei sopravvissuti ai campi di sterminio o scampati alle deportazioni e i civili e i militari che, in conseguenza della guerra, avevano volontariamente lasciato la propria residenza, come, ad esempio quelli che, in alcune regioni dell'Europa orientale, erano fuggiti dai loro paesi d'origine per paura dell'avanzata degli eserciti sovietici.
La loro liberazione e riabilitazione era stata posta dagli alleati tra i principali obiettivi della lotta contro il Terzo Reich: inizialmente, si sarebbe dovuto impedire loro di trovarsi nelle zone di combattimento; in secondo luogo, avrebbero dovuto essere curati; infine, avrebbero dovuto essere restituiti alle loro case. Con il Memorandum amministrativo n. 39 emanato il 28 dicembre 1944 dal Shaef1 fu acquisita ufficialmente per queste persone la definizione di displaced persons (d'ora in poi DPs) che indicava proprio quei civili che, a causa della guerra si erano trovate al di fuori dei confini del proprio paese e che non potevano tornare a casa o trovare una nuova casa senza assistenza. Questa prima definizione di quali dovessero essere i destinatari degli interventi, sarà ripresa ed ampliata in vari documenti successivi. Le DPs furono divise in categorie: le principali erano quella degli appartenenti a paesi alleati e quella degli appartenenti a paesi nemici, o ex nemici.
Un'ulteriore categoria riguardava gli "apolidi", cioè le persone che, come si legge nel Memorandum "sono state denazionalizzate, la cui nazionalità non può essere determinata, che non possono stabilire il loro diritto alla cittadinanza rivendicata, o che non hanno la protezione di alcun governo".
Queste, fu stabilito, avrebbero dovuto ricevere lo stesso trattamento delle DPs provenienti dalle nazioni alleate.
Appare tuttavia importante, nell'economia della presente ricerca, che ha per oggetto specifico le DPs ebree, l'individuazione - presente nel documento - di una ulteriore categoria avente diritto allo stesso trattamento delle altre: quella degli appartenenti a nazioni nemiche ed ex nemiche perseguitati a causa della loro razza, religione o attività a favore delle Nazioni Unite".
Tra di essi, infatti, erano presenti non solo ebrei deportati dalle nazioni occupate e annesse al Reich dopo l'inizio della guerra, ma anche ebrei la cui nazionalità originaria era quella tedesca o quelli provenienti dall'Austria ai quali, a seguito dell'Anschluss era stata imposta, prima dell'inizio delle persecuzioni, questa stessa nazionalità.
Il memorandum affidava ai comandanti dell'esercito il compito di intraprendere il rapido e ordinato rimpatrio degli sfollati dai paesi alleati e quello dell'istituzione di campi e punti di raccolta dove gli sfollati alleati sarebbero rimasti fino a quando non avrebbero potuto essere restituiti al loro paese. 2 Di fronte all'enormità del fenomeno, la Allied Control Commission, l'organismo governativo dei territori occupati, nato subito dopo lo sbarco in Sicilia nel luglio del 1943, fu costretta a creare una sottocommissione apposita, la Displaced person sub commission.
Ben presto, però, risultò evidente che la complessità dei problemi che via via venivano creandosi non poteva trovare soluzione all'interno della rigida organizzazione degli eserciti.
Nel novembre 1943, ancor prima dell'istituzione formale delle Nazioni Unite, che sarebbe avvenuta solo nel giugno 1945, gli alleati avevano creato l'Amministrazione delle Nazioni Unite per i soccorsi e la ricostruzione (in sigla UNRRA).
Al suo mandato originario, espresso dalla sua stessa denominazione, l'UNRRA dovette aggiungere, ben presto, quello dell'assistenza alle DPs, nei campi di accoglienza che, sul modello di quelli impiantati dagli Alleati nell'Italia Meridionale a partire dal luglio del 1943 e successivamente acquisiti dalla stessa UNRRA, erano stati creati anche in Germania e in Austria.
L'UNRRA fu coinvolta anche nelle operazioni di rimpatrio, iniziate immediatamente dopo la fine della guerra, da svolgere con l'appoggio logistico da parte dell'esercito.
Per facilitarne lo svolgimento, fu deciso di dividere le DPs interessate in base alla loro nazionalità.
Fu così che l'UNRRA riuscì far rientrare nel loro paese tra i sei e i sette milioni di prigionieri di guerra e lavoratori coatti, persone che non chiedevano altro che poter tornare a casa.

Le Displaced Persons Ebree e il Rapporto Harrison

Nel 1945 gli ebrei presenti nei campi di raccolta o in altri luoghi di accoglienza organizzati dagli Alleati nelle zone della Germania e dell'Austria da essi controllate, erano circa 90.000. 3
In genere la loro età era compresa tra i 18 ed i 45 anni, in quanto bambini ed anziani erano stati le prime vittime del sistema di sterminio nazista.
Per i sopravvissuti ai lager l'assistenza sarebbe dovuta essere adeguata all'esperienza che avevano vissuto e avrebbe dovuto riguardare non solo le loro condizioni fisiche. D'altro canto, anche chi gestiva questi campi si trovava di fronte a qualcosa di mai sperimentato, per cui era anche incapace di comprendere in che modo dover intervenire. Per non parlare del fatto che era proprio la permanenza in un campo, luogo chiuso per eccellenza, che rendeva difficile, per molti, il ritorno alla vita.
Qualche mese dopo la fine della guerra, in questi campi iniziarono ad arrivare anche i cosiddetti infiltree, cioè gli ebrei polacchi che avevano trascorso in Unione Sovietica gli anni della guerra oppure quelli che si erano salvati dalla deportazione nascondendosi nelle foreste o unendosi ai partigiani e che ora fuggivano di fronte al persistente antisemitismo che sperimentavano in particolare in Polonia, ma anche in altre nazioni del blocco sovietico.
Con il persistente antisemitismo dovettero fare i conti quelli che avevano creduto di poter tornare "a casa" o lo avevano accettato sperando di poter trovare ancora in vita qualche membro della propria famiglia. Una volta sperimentata l'evidenza della distruzione che aveva subito il loro mondo, queste persone tornarono indietro, ridivennero DPs insieme ai nuovi fuggitivi dall'est.
Per limitare il loro arrivo, come quello degli altri infiltree, le autorità britanniche decideranno di riconoscere lo status di DPs solo a quelli che potevano dimostrare di essere venuti a trovarsi nella zona da loro controllata prima del 30 giugno 1946, data oltre la quale non avrebbero accettato ulteriori sfollati nel loro settore di occupazione.
Bisogna ricordare, inoltre, che, per facilitare i rimpatri di cui l'UNRRA iniziò ad occuparsi dal momento in cui aveva preso in carico anche l'assistenza per tutte le DPs comprese quelle ebree, i campi furono organizzati in base alla nazionalità degli assistiti, il che, oltre a non consentire un tipo di assistenza finalizzato, comportava vicinanze e commistioni che potevano dar luogo ad incidenti.
Sollecitato dalle Comunità ebraiche statunitensi, ma anche da numerose associazioni laiche, nella primavera del 1945 il presidente Truman inviò Earl G. Harrison a verificare quali fossero le condizioni in cui sopravvissuti e perseguitati vivevano nei campi e in quale modo venivano assistiti.
Il rapporto4 sui campi che Harrison consegnò al presidente Truman, criticava aspramente il modo in cui gli Alleati si stavano occupando dei sopravvissuti ebrei e - dopo aver denunciato l'affollamento, la malnutrizione e la mancanza di cure adeguate per chi vi era ospitato - chiedeva cambiamenti radicali nell'organizzazione dell'assistenza.


1 Supreme Headquarters Allied Expeditionary Force ovvero il Quartier generale Supremo delle Forze di Spedizione Alleate (in sigla SHAEF)
2 Cfr: Arieh G. Kochavi: Post Holocaust Politics. - Britain, the United States, and Jewis Refugees - 1945-1948, Chapel Hill: University of North Carolina Press. 2001, p.14 (traduzione propria)
3 Cfr. Federica Di Padova: I campi profughi per Jewish Displaced Persons in Italia cit, p.14, n.36. La cifra comprende anche gli ebrei stranieri a quella data presenti in Italia
4 Il testo completo del rapporto è pubblicato sul sito dell'USHMM, alla pagina htpps.//www.ushmm.orgexhibition/displaced-persons/resourc1.htm

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