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1. L'INTERNAMENTO CIVILE COME STRUMENTO DI GUERRA NELLA PROVINCIA DI LUBIANA

1.2 L'internamento civile

"Il Ministro dell'interno, con suo decreto, può disporre l'internamento dei sudditi nemici atti a portare le armi o che comunque possano svolgere attività dannosa per lo Stato. […]con decreto emanato di concerto con il Ministro degli affari esteri, può disporre l'espulsione e l'accompagnamento alla frontiera del suddito nemico, se l'interesse dello Stato lo richiede."
Questo il trattamento riservato dalla legge di guerra italiana agli stranieri appartenenti a stati nemici presenti sul suo territorio che il governo fascista lo impose a partire dal 10 giugno del 1940. i
Per il fatto di prevedere l'allontanamento dal proprio luogo di residenza e l'obbligo di soggiorno in un luogo sorvegliato, questa misura di sicurezza venne a sovrapporsi - al momento dell'entrata in guerra dell'Italia - ad un'altra già esistente e praticata nell'Italia fascista, cioè il confino, utilizzato contro gli oppositori politici o contro chiunque fosse ritenuto pericoloso per l'ordine pubblico.
Del confino, era responsabile il Ministero dell'Interno che si atteneva, per regolamentarlo, alle norme di Pubblica Sicurezza. Esso veniva comminato dai prefetti, ma, quasi sempre, su disposizione di organismi superiori se non dello stesso Mussolini.
La differenza tra il confino e il cosiddetto internamento civile di guerra risiede nel fatto che il primo era, se pure strumento principale di repressione, comunque frutto di un procedimento giudiziario, mentre il secondo, in dipendenza con lo stato di guerra, poteva essere comminato con procedimenti molto più immediati.
La commistione tra regolamenti di polizia, forme di tutela di uno stato dittatoriale e leggi di guerra fece in modo che un provvedimento definito genericamente internamento civile venisse trasferito nella provincia di Lubiana, e nelle province dalmate, di fatto territorio italiano.
L'internamento fu ampiamente utilizzato dalle autorità civili e da quelle militari come risposta all'intensificarsi della lotta partigiana, anche nelle cosiddette province di frontiera come Gorizia, Trieste, Fiume e Zara. In questo caso, ad essere internati erano i cosiddetti allogeni, cioè abitanti di origine slava residenti in territorio italiano, considerati come potenziali fiancheggiatori della lotta partigiana.
La stessa commistione tra leggi di guerra e provvedimenti di pubblica sicurezza, unita ad un chiaro intento razziale fu all'origine delle disposizioni che dettero luogo all'internamento degli ebrei stranieri presenti in Italia al momento dell'entrata in guerra e che regolarono anche l'internamento di ebrei profughi trasferiti in Italia durante la guerra stessa, come accadde a diverse migliaia di ebrei provenienti dalla ex Jugoslavia e, in particolare, dalla provincia di Lubiana.
Il punto di contatto tra i due provvedimenti risiede nella dichiarata attribuzione agli ebrei di intesa con il nemico, e, nel caso dei territori ex jugoslavi, di fiancheggiamento dei ribelli.
E' possibile, quindi, rinvenire gli ebrei citati insieme ai cittadini di stati nemici, residenti nella Provincia, come destinatari dell'ordine di espulsione o internamento , previsto da una direttiva impartita da Emilio Grazioli il 28 ottobre 1941 al Comando dell'XI Corpo d'Armata" in relazione all'accentuarsi di attentati da parte di terroristi isolati o riuniti in gruppi".
I militari condividevano questo accostamento , come si legge in un promemoria indirizzato al Comandante della II Armata, sul finire del mese di novembre dello stesso anno, dai comandanti della Divisione "Granatieri di Sardegna" e dell'XI Corpo d'Armata: "La contemporaneità dell'inizio della guerra con l'U.R.S.S. e dei torbidi in Slovenia - scrivono gli estensori - i legami direttivi ed operativi esistenti fra tali torbidi e quelli simultanei degli altri territori occupati dall'Asse, rivelano l'origine comunista del movimento, strettamente legato alla condotta della guerra. I capi bolscevichi sloveni - sfuggiti alla cattura e subito affiancati dagli ebrei e dai fuoriusciti serbi e croati - ne hanno assunto la direzione con l'ausilio dell'ambiente universitario (insegnanti e studenti) nel quale, già nell'anteguerra, il bolscevismo aveva fatto molti proseliti." ii
Il passaggio della gestione dell'internamento dalle autorità civili che lo avevano gestito alle dipendenze del Ministero dell'Interno, come avveniva in Italia, a quelle militari avvenne verso la fine di gennaio del 1941. Fu lo stesso Mussolini che prese questa decisione di fronte all'inefficacia dei provvedimenti fin lì adottati, prese una decisione definitivaiii
Quasi negli stessi giorni al comando del la II Armata italiana, in sostituzione del generale Ambrosio, venne designato il generale Mario Roatta, ritenuto tra gli alti ufficiali il più sensibile e preparate alla lotta anticomunista che volle occuparsi personalmente della situazione in Slovenia. iv
Subito dopo il suo insediamento iniziarono azioni di rastrellamento di civili nella città di Lubiana. Nella sola notte tra il 22 e il 23 febbraio 1942 intorno alla città i militari dell'XI Corpo d'armata, in collaborazione con agenti di Pubblica Sicurezza fu costruito un gigantesco reticolato di fili spinati, casematte e posti di blocco ed iniziò il controllo quasi totale di tutta la popolazione che improvvisamente si ritrovò intrappolata in una sorta di enorme campo di concentramento.
Il rastrellamento degli appartenenti a tutte le categorie di persone giudicate pericolose terminò nei primi giorni del mese di marzo, quasi in concomitanza con l' emanazione il 1 marzo 1942della "Circolare 3C" che regolava in maniera definitiva la condotta militare delle Forze Armate italiane contro la resistenza jugoslava.
La circolare segnò una svolta importante, perché in essa erano contenute le prime disposizioni scritte sull'internamento delle popolazioni civili che sarebbe stato operato da parte dei militari.
"Quando necessario agli effetti del mantenimento dell'ordine pubblico e delle operazioni - vi si legge- i comandi di G.U. [Grandi Unità] possono provvedere: ad internare, a titolo protettivo, precauzionale o repressivo, individui, famiglie, categorie di individui della città e campagna, e - se occorre - intere popolazioni di villaggi e zone rurali...".
I tre aggettivi - protettivo, precauzionale, repressivo - stanno ad indicare le tre diverse categorie di destinatari dell'internamento.
Seguendo l'ordine deciso dall'estensore della circolare, questi riguardavano:
a) per l'internamento protettivo quelli che erano contrari al movimento partigiano, che avessero chiesto spontaneamente protezione da eventuali ritorsioni provocate dal rifiuto di contribuire, anche materialmente, all'azione dei ribelli;
b) per l'internamento preventivo intere categorie di persone che, per cultura, appartenenza sociale o altri tipi di legami, si presupponeva che potessero aderire alla lotta partigiana;
c) per l'internamento repressivo tutte le persone che avevano aderito alla lotta partigiana e che venivano prese durante le azioni militari o erano comunque sospettate di fiancheggiamento. v
Per quanto riguarda quest'ultimo punto, la circolare precisava che l'internamento doveva essere comminato anche alle "famiglie da cui siano o diventino mancanti, senza chiaro motivo, maschi validi di età compresa fra i 16 e i 60 anni. Il razionamento a dette famiglie verrà ridotto al minimo indispensabile" e anche "agli abitanti di case prossime al punto in cui vengono attuati sabotaggi". Se i responsabili degli atti di ribellione non fossero stati trovati entro 48 ore, il loro bestiame sarebbe stato confiscato, e le loro case distrutte.
Per completare il quadro delle categorie di cittadini civili sloveni passibili di internamento, il 7 aprile 1942 furono diramati alle unità militari operative due ulteriori allegati della circolare 3C.
Il primo precisava che dovevano essere tratti in arresto e sottoposti ad indagine anche i civili, che risultassero non residenti all'interno delle zone d'operazione durante i combattimenti o fossero sospettati di favoreggiamento con i partigiani.
Il secondo invece (non inserito formalmente all'interno della circolare, ma comunicato per iscritto ai comandi di divisione e da questi solo verbalmente ai comandi sottoposti) completava le disposizioni già emanate riguardanti il trattamento da usare verso i ribelli con l'ordine di deferire ai tribunali di guerra competenti per territorio ed eventualmente sottoporre a misure d'internamento precauzionale i partigiani minori di 18 anni e le donne catturate durante le azioni antibande, mentre per le restanti categorie di partigiani permaneva l'ordine di fucilazione sul posto.
Va comunque detto che solo una piccola parte dei civili catturati nel corso dei cicli operativi furono portati davanti al Tribunale militare di guerra della II Armata per la comminazione delle pene, compresa quella dell'internamento. Con il procedere dei mesi e l'acuirsi della violenza repressiva dei reparti militari italiani contro la popolazione civile slovena, la quasi totalità dei sospetti fermati nelle zone d'operazione fu sottoposta direttamente all'internamento.
L'accostamento tra ribelli ed ebrei dei quali liberarsi con l'internamento continuò ad essere assunto quasi come norma dagli stessi militari anche nei mesi successivi.
il 20 luglio del 1942, quando l'internamento repressivo si avviò a diventare lo strumento principale della lotta contro i ribelli il generale Roatta così scrive al comandante dell'XI Armata, a proposito di sgombero di maschi validi e internamenti:
"A) Il generale intendente affretti la disponibilità dei campi di Arbe e venga incontro ai bisogni dell'XI C.A. circa gli eventuali luoghi di internamento temporaneo in Slovenia. B) - V. E. disponga infine per l'internamento di quegli abitanti di Lubiana a cui ha accennato il podestà e di cui darà la lista (ebrei, emigrati dalla Germania ed Austria, etc.)." vi
I campi di concentramento di pertinenza del Regio Esercito cominciarono ad essere costruiti a partire dai primi mesi del 1942, furono situati prevalentemente nell'Italia settentrionale (a differenza di quelli gestiti dal Ministero dell'interno che si trovavano soprattutto al sud) e gestiti tramite le difese territoriali delle varie provincie.
Le misure di contrasto alla lotta partigiana non si esaurirono con l'emanazione della circolare 3 C e dei suoi allegati. Esse vennero integrate nei mesi successivi con una serie di provvedimenti che, con la loro durezza finirono per dimostrare quanto gli occupanti avvertissero il fallimento della loro azione repressiva.
Le ordinanze del 24 aprile e il del 6 maggio 1942 stilate congiuntamente - nonostante un perdurante stato di conflittualità reciproca - dall'Alto commissario Grazioli e dal comandante dell'XI Corpo d'armata generale Mario Robotti, ad esempio, rendevano legittime le fucilazioni di ostaggi come rappresaglia qualora si fossero verificati atti di terrorismo o di sabotaggio contro l'esercito italiano.
All'inizio delI'estate 1942, infine, tra gli alti comandi militari italiani era ormai diffusa l'idea che fosse necessario compiere il "salto qualitativo" che avrebbe dovuto trasformare le deportazioni parziali in "sgombero totalitario" della popolazione della "Provincia di Lubiana".
In quello stesso periodo fu effettuato un secondo rastrellamento nella città di Lubiana.
Il comando della Divisione "Granatieri di Sardegna" nella relazione conclusiva così lo descrive:
"La città di Lubiana conta circa 80.000 abitanti: di questi metà circa sono donne. Dei 40.000 maschi sono state prese in considerazione le classi dai 16 ai 50 anni, cioè 34 classi trascurando circa altre 40. Passando al vaglio 20.000 maschi si può affermare che sono stati esaminati uno per uno tutti gli uomini validi, sia sotto l'aspetto militare che quello politico".vii
La procedura dell'internamento, in tutte le sue forme, colpì circa il 10% della popolazione. 33.000 persone vennero deportate nei campi di Gonars (Udine), Monigo (Treviso), Chiesanuova (Padova), Grumello (Bergamo) per citare solo i maggiori istituiti in Italia e nell'isola di Rab (Arbe), territorio italiano in quanto annessa alla provincia del Carnaro. viii


i Legge italiana di guerra approvata con R.D. 8 luglio 1938,n.1415, TITOLO V: Del trattamento delle persone di nazionalità nemica: Internamento, Espulsione
ii A riprova di quanto fosse facile essere considerato un individuo pericoloso, si riporta la motivazione rinvenuta nel fascicolo personale di Francesco Zwitter, dottore in lettere, nato a Bela Cerkov
"Il controscritto è stato indicato come un pericoloso comunista, però, malgrado sia stato oggetto di attenta sorveglianza, è riuscito a sottrarsi ad essa, rendendosi appunto perciò [sic] maggiormente pericoloso. Essendo indispensabile di procedere ad una larga epurazione in questo territorio di elementi del genere, è stato proceduto al fermo del sovrascritto. In considerazione dell'attuale delicato momento, allo scopo di evitare che con la sua presenza possa svolgere ulteriore propaganda a noi contraria, lo propongo per internamento in un comune del regno. " Cfr ACS, Mi, DGPS, AGR, A4bis (Stranieri internati), b 384, f.Zvitter Francesco fu Martino
iii Il bando dichiarava la provincia di Lubiana "zona di operazioni"; per questo motivo il 22 maggio fu decisa la subordinazione all'autorità militare di tutte le forze di polizia precedentemente sottoposte all'autorità dell'Alto Commissario (carabinieri, milizia confinaria, finanzieri e questurini)
iv Mario Roatta era stato tra i principali i collaboratori di Mussolini nella spietata lotta tesa colpire l'antifascismo a livello internazionale. Nel 1937 avevano agito su suo ordine i sicari francesi che assassinarono Cario e Nello Rosselli. Dal 24 marzo 1941 al 20 gennaio 1942 è Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, quindi generale al comando della II armata in Croazia fino al 10 febbraio 1943
v Per l'internamento civile dalla Jugoslavia occupata cfr : Carlo Spartaco Capogreco I campi del duce - L'internamento civile nell'Italia fascista (1940-1943) Torino, Einaudi 2004
vi Le ordinanze citate nel testo sono reperibili alla pagina web http://www.criminidiguerra.it/Ebreineicampi.shtml
vii Citazione tratta da Karlo Ruzicic-Kessler, Il fronte interno. L'occupazione italiana della Slovenia 1941-1943, in www.percorsi storici.it
viii Cfr, su Arbe, oltre alla bibliografia già nota, la recente ricerca di Carlo Spartaco Capogreco: L'inferno e il rifugio di Arbe. Slavi ed ebrei in un campo di concentramento italiano, tra fascismo, Resistenza e Shoah, Mondo Contemporaneo n.2, 2017

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