Il quadro storico Fiume ed Abbazia: Indice A Caprino Veronese

L'internamento


In applicazione del telegramma inviato dal capo della polizia ai prefetti del Regno ed al questore di Roma il 15 giugno del 1940, cinque giorni dopo l'entrata in guerra dell'Italia, il prefetto Testa, il 19 ed il 20 giugno provvede al fermo di 224 ebrei presenti Fiume e ad Abbazia perchè, stando a quanto il telegramma prescriveva, "ebrei stranieri appartenenti a Stati che fanno politica razziale". Tra i fermati la maggior parte proveniva dall'Ungheria ed a Fiume si era stabilita , come nel caso di Eugenio Lipschitz, padre della signora Heimler, fin dall'inizio del 1900, quando la città apparteneva proprio all'Ungheria, senza mai cambiare la cittadinanza d'origine. Nel 38, con l'applicazione delle leggi antiebraiche, molti di loro erano diventati apolidi insieme a coloro che a Fiume si erano stabiliti negli anni immediatamente successivi al 1919. Presenti, infine, tra i fermati, profughi arrivati a Fiume o soprattutto ad Abbazia negli anni trenta, provenienti in maggioranza dalla Germania, dalla Polonia, dalla Cecoslovacchia.
Gli avvenimenti di quei giorni sono così ricordati da Federico Falk:
"Nel 1940 con l'entrata in guerra dell'Italia ci fu un altro fatto increscioso. Il prefetto Temistocle Testa diede disposizione affinchè venisse effettuata una retata di tutti gli ebrei maschi dai 18 anni in su. Fummo presi tutti nella notte tra il 19 e il 20 giugno. Fu requisita a tal fine una scuola elementare nel rione periferico di Torretta, visto che nelle carceri di via Roma non c'era posto per tutti e fummo disposti, circa una quarantina, in un'aula con del pagliericcio a terra, senza la cintura dei pantaloni e senza i lacci delle scarpe, secondo il vigente regolamento carcerario [ … ] Alcuni vennero rilasciati quasi subito, ma pochi davvero; altri, la maggior parte, furono mandati al confino."
In manette fu messo anche il padre del signor Luigi Sagi ed analoga esperienza vivono il padre e lo zio della signora Heimler. Quest'ultima conserva ancora viva l'impressione provata nel vedere i suoi cari trattenuti nella prigione alla stregua di delinquenti comuni. Anche la signora accenna al rilascio di una parte degli arrestati, ma non sa perché questo avvenne.
La signora Maddalena Werczler racconta, invece, di come fosse la vita a Fiume di coloro che - pur dichiarati apolidi - restano nella città nei primi anni di guerra.
"A Fiume sembrava come tutto addormentato. Ci avevano tolto la cittadinanza, eravamo apolidi, quindi per muoverci da Fiume bisognava avere un permesso dall'ufficio stranieri della questura ed è in questa occasione che ho conosciuto il commissario Palatucci, sempre gentile e corretto."

La prima fase dell'internamento
Pur tenendo conto di una eventuale emigrazione, intervenuta nei due anni successivi, impossibile stabilire, sulla base della documentazione finora rinvenuta, perché il numero dei fermati nel giugno del 1940 fosse relativamente basso rispetto alle presenze documentate nel 1938.
Difficile stabilire anche perché solo alcune delle donne mogli di internati vengano internate a loro volta, mentre altre rimangono, insieme ai figli, nelle loro case.
Come già detto, non tutti i fermati furono poi internati, come prescriveva il telegramma. Dal database risulta che ad essere inviati nei campi furono 151 uomini e successivamente, in campi o località 56 donne loro familiari.
Come si può vedere nella tabella allegata, i campi in cui furono inviati gli uomini furono in primo luogo Ferramonti in provincia di Cosenza, Notaresco, in provincia di Teramo e Campagna in provincia di Salerno, mentre un numero molto limitato di donne fu inviato nei campi di Lanciano, in provincia di Chieti e in quelli di Pollenza e Treia in provincia di Macerata.
Le località in cui fu inviata la maggior parte delle donne si trovavano, invece, in provincia di Viterbo e di Matera.
A partire dal 1941 furono consentiti spostamenti e ricongiungimenti familiari; vari spostamenti avvennero anche da un campo all'altro.



Nel 1943
Sono 156 gli ebrei provenienti da Fiume e da Abbazia che, nel 1943 risultano ancora internati prima dell'8 settembre 1943. Per gli altri manca la documentazione successiva al 1941/42 e, per alcuni, la documentazione è ferma - allo stato attuale delle ricerche - al 1940. Per questi ultimi non è escluso che sia intervenuto, come in qualche caso sicuramente accadde, il proscioglimento.
Da notare, inoltre che quattro persone morissero di malattia durante l'internamento.
La tabella allegata consente, in ogni modo, di verificare che nel corso degli anni molti internati avevano cambiato sede. Presenti o meno nel 1943 prevalgono ancora, tra di essi, quelli rimasti a Ferramonti ma la maggior parte risulta trovarsi nelle località.
Significative le presenze di internati provenienti da Fiume o Abbazia nelle province centromeridionali. Tra di esse spiccano Chieti, L'Aquila, Matera, mentre nel nord le presenze maggiori si registrano nella provincia di Belluno.

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