A Caprino Veronese Fiume ed Abbazia: Indice La deportazione

Respinti e allontanati


La provincia del Carnaro durante il conflitto non risulterà territorio annesso sotto controllo militare, a differenza della contigua città di Susak che dal trattato del 1924 era stata assegnata alla Jugoslavia, ma rimarrà sottoposta alle normali autorità civili anche se resta territorio interessato alle operazioni di guerra.
Considerata la sua caratteristica di provincia di confine, essa divenne meta delle migliaia di ebrei profughi dai territori jugoslavi cioè ebrei ed ortodossi in fuga dalla Croazia stessa o anche dalla Serbia, ed ebrei tedeschi, austriaci, polacchi, cecoslovacchi - molti dei quali presenti anche nelle zone che l'Italia si era annessa - che nel periodo precedente l'invasione avevano scelto la Jugoslavia come rifugio.
Alla sorveglianza delle frontiere, situate lungo un confine per lunghi tratti montuoso e quindi anche difficile da controllare erano addetti i carabinieri aggregati alla II Armata coadiuvati spesso anche da formazioni della milizia fascista.
A spingere i fuggiaschi era la speranza di poter rimanere a Fiume o di essere internati in un campo o in una località del regno, cosa che, per alcuni di essi, effettivamente avvenne. I documenti d'archivio che è stato possibile finora consultare registrano tentativi di ingresso che vanno dall'agosto del 1941 al maggio del 1942.
I passaggi di frontiera attraverso i quali i profughi cercavano di entrare erano quelli di Plasse, Buccari, Buccarizza (Bakarac), Meja.
Se fermati sulla frontiera, i profughi venivano respinti, se arrestati dopo che erano riusciti a penetrare in territorio italiano, essi venivano riaccompagnati alla frontiera ed allontanati.
Si dette anche il caso di ebrei rastrellati "nelle terre annesse", in primo luogo Susak: accompagnati ai valichi di frontiera di Buccarizza o di Buccari ed allontanati, furono, di fatto, riconsegnati agli ustascia croati.
Ciò nonostante accadde spesso che persone allontanate riuscissero a rimanere nelle vicinanze dei valichi ed a tentare di nuovo di passare la frontiera.
Solo nel novembre del 1941, quando erano stati eseguiti già numerosi respingimenti ed allontanamenti, Temistocle Testa, prefetto di Fiume, chiede all'autorità centrale come comportarsi di fronte alle numerose domande pervenute all'ufficio di pubblica sicurezza di Susak - sottoposta dall'inizio dell'occupazione della Jugoslavia alla giurisdizione delle autorità fiumane - da parte di ebrei profughi dalla Croazia, i quali chiedevano " il permesso di dimora in località del Regno e, intanto, il permesso di soggiorno a Susak, in attesa delle determinazioni di codesto Ministero". Si trattava, prosegue la nota, di profughi arrivati nella città clandestinamente, con documenti irregolari e, "in parte allontanati mediante opportune azioni di rastrellamento".
Non si comprende bene se per tutti o solo per coloro che erano sfuggiti all'allontanamento, il prefetto chiede se "in linea di massima le domande in parola siano suscettibili di istruttoria o quali provvedimenti debbano essere adottati, in caso negativo, nei confronti dei singoli firmatari".
Al prefetto venne risposto che "in linea di massima" non doveva prendere in considerazione le domande prodotte dai profughi, e di informare il ministero per le eventuali valutazioni qualora vi fossero stati "elementi che per particolari motivi" non potessero far ritorno in Croazia.
Di fatto, gli fu lasciata mano libera e così respingimenti ed allontanamenti continuarono.

Per ciascuna operazione del rastrellamento che precedeva il respingimento o l' allontanamento il prefetto o un funzionario in sua sostituzione inviavano comunicazione al ministero dell'Interno - Direzione generale di Pubblica Sicurezza e Divisione Affari generali e riservati, sez. III. L'oggetto è sempre lo stesso: "Ebrei profughi dalla Croazia, rastrellamento" e sempre lo stesso anche l'incipit - accompagnato dalla data e dall'indicazione della frontiera - che precedeva l'elenco: "Per conveniente notizia si comunica che i seguenti ebrei profughi dalla Croazia sono stati respinti (o allontanati) dal Regno" . In qualcuna di queste comunicazioni è data anche notizia di respingimenti di ortodossi, ugualmente perseguitati dagli ustascia di Ante Palevic. Il numero complessivo degli allontanamenti o respingimenti documentato da queste carte è di 501, tenuto conto anche dei tentativi ripetuti (qualche decina).
Il confronto tra i nomi presenti negli elenchi e le informazioni attualmente registrate nel database rivela che 108 profughi riuscirono comunque ad entrare nel Regno e che, per essi, il ministero dell'Interno dette l'autorizzazione all'internamento.

Di qualche interesse l'esame dei luoghi in cui furono inviati.
I gruppi più consistenti furono inviati in provincia di Sondrio (19), di Vicenza (10), di Modena (10), di Asti (9), di Como (7). Vercelli, Verona, Treviso, Brescia Parma, Lucca, Cuneo, Bologna, Arezzo, Padova , Perugia, furono le altre province del centro-nord in cui i profughi furono internati. Un gruppo significativo (17) fu inviato a Ferramonti, ma non manca nemmeno una presenza a Matera.
Di dieci dei respinti non si conosce la sede dell'internamento.

A Caprino Veronese Fiume ed Abbazia: Indice La deportazione