Respinti e allontanati Fiume ed Abbazia: Indice La salvezza

Come è noto, l'8 settembre 1943 ebbe inizio l'occupazione militare tedesca in Italia e il 10 settembre 1943 una disposizione di Hitler suddivise il territorio non ancora liberato dagli Alleati in "zone d'occupazione" e "restante territorio occupato"; una integrazione segreta all'ordinanza sanciva la creazione delle due zone d'operazione l'Alpenvorland che inglobava Trento, Bolzano e Belluno, e l'Adriatisches Kustenland (Litorale Adriatico).

Nell'ordinanza n. 1 del 1 ottobre 1943 il il Gauleiter della Carinzia Friedrick Reiner stabiliva che egli assumeva l'esclusiva vigilanza di tutti i poteri pubblici civili per la Zona d'operazione Litorale adriatico formata dalle province del Friuli, Gorizia, Trieste, Istria, Lubiana e dal Carnaro, assieme con i territori incorporati di Sussak, Bucari, Ciabar, Castra e Veglia.
Compito principale dell'occupante - alleato tedesco era la persecuzione delle vite finalizzata all'annientamento totale degli ebrei residenti nelle province di Trieste, Udine, Gorizia, Lubiana, Pola, Fiume unita alla spoliazione dei loro beni che costituiva una grossa voce all'attivo nei bilanci economici dell'occupante.
Il Litorale Adriatico, una volta costituito, vide la totale cancellazione della sovranità italiana, anche se le istituzioni fasciste precedenti vennnero lasciate apparentemente intatte.
Il controllo poliziesco fu affidato alle SS, alle quali spettava anche la supervisione della repressione politica e antipartigiana.
Comandante delle SS fu Odilo Lotario Globocnik, triestino di nascita, legato a Himmler e già organizzatore di massacri in Polonia nel quadro della famigerata "Aktion Reinhard". Globocnik si installò a Trieste con un nutrito seguito di "professionisti" della repressione e della morte, già distintisi in operazioni di sterminio in Russia, Polonia e nei campi polacchi di Belzec, Sobibor e Treblinka. In tutto arrivarono a Trieste ben 92 componenti dell'Einsatzkommando Reinhard, uomini e donne, tra i quali un nutrito gruppo di SS ucraine.
Al primo comandante dell'Einsatzkommando a Trieste, Christian Wirth, ucciso in un'azione partigiana il 26 maggio 1944, subentrò August Dietrich Allers. Il braccio destro di Allers, Joseph Oberhauser, fu comandante della Risiera di San Sabba. Costituito nell'ottobre 1943 il lager, posto a ridosso della città di Trieste, ha assolto a molteplici funzioni: campo di smistamento per gli ebrei verso Auschwitz (ne transitarono oltre 1.200 secondo la ricerca condotta da M.Coslovich, '94); campo di raccolta dei beni razziati alla comunità ebraica; luogo di detenzione e tortura dei partigiani italiani e slavi; campo di eliminazione dei resistenti e di cremazione dei corpi.



La deportazione


I tedeschi diedero inizio al pogrom di Fiume il 30 gennaio 1944 con l' incendio della Sinagoga. La polizia tedesca, avvalendosi dei registri del municipio, con i rispettivi nominativi, ebbe compito facile nel ritrovamento delle persone che voleva arrestare.
Dopo due settimane, dalla distruzione del Tempio, la Guardia di Finanza incominciò ad accertare la presenza ed il patrimonio degli ebrei rimasti.
Dalla provincia del Carnaro Furono deportati 243 ebrei. Di essi 170 furono arrestati a Fiume, 40 ad Abbazia, 5 a Sussak, 3 ad Arbe, 2 a Laurana. Solo 19 fecero ritorno.
Altri 96 furono arrestati in altre province italiane e finirono nei campi di sterminio; di essi tornarnono solo 16. Sette persone morirono in stato di detenzione, di cui 5 a San Sabba. Sono stati rilevati inoltre 73 nominativi per i quali mancano informazioni precise.
Complessivamente, 412 deportati, 362 vittime, 48 superstiti, 8 ebrei fucilati dai tedeschi a Fiume, 1 ucciso a San Sabba, 7 in Italia.
La stragrande maggioranza degli ebrei fiumani transitarono per San Sabba e da qui furono deportati ad Auschwitz. Dunque 380 le vittime complessive (nel computo entrano anche 2-3 ebrei uccisi dai comunisti di Tito dopo il 3 maggio 1945): tra queste 30 bambini, alcuni di pochi mesi, i più grandi di 14 anni.

La tabella generale, sulla quale questa analisi è stata costruita, unita alle informazioni presenti nel database, consente di estrarre dai dati complessivi riportati sopra, i seguenti dati particolari:

Facile notare che la maggioranza dei deportati la troviamo tra quelli che erano rimasti a Fiume, o anche tra quelli che ne fuggirono all'ultimo momento.
Incrociando, inoltre, le informazioni contenute nel database con quelle raccolte da Liliana Picciotto nel Libro della memoria, è possibile verificare che sui 30 deportati che erano passati attraverso l'internamento, almeno 13 furono arrestati a Fiume, evidentemente dopo il loro rientro, avvenuto sia prima che dopo l'8 settembre del 1943, mentre erano in molti a prendere la direzione contraria, verso il sud, incontro ai liberatori.
La spiegazione sta nella necessità che i tempi imponevano di scegliere quello che, al momento, sembrava il percorso più giusto da seguire, scelta che, per ciascuno scaturiva dalla prevalenza o meno da una parte dell'istinto, del sentimento, o, dall'altra, della capacità di analisi di una situazione che si faceva ogni giorno più drammatica.
Per tutte, valgano queste storie.
Isacco Einhorn, ed è la figlia Laura che lo racconta, soffriva la condizione di internato a Notaresco, in provincia di Teramo, la subiva come una prigionia e chiedeva continuamente di essere prosciolto. Riuscito nel suo intento, tornò a nord e si stabilì a Trieste. Nel momento in cui inziarono gli arresti, insieme alla moglie e la figlia Renata, fuggì verso la Romagna, più precisamente a Lugo. A nulla valsero la protezione e l'amicizia che vi trovarono, nemmeno la possibilità che ad un certo punto si profilò di poter passare in Svizzera: i tre furono arrestati e deportati. Dal lager tornò solo Renata.
Drammatico il racconto di Luigi Sagi, deportato da Fiume, insieme al padre Nicolò. Dal campo di Campagna, dove era stato internato nel luglio del 1940, quest'ultimo era passato in internamento libero in una località del nord, dalla quale si sposta a Trieste, da dove riesce a raggiungere spesso Fiume. Arrestati dai tedeschi, padre e figlio saranno deportati ad Auschwiz. Tornerà solo il figlio. Analoga la vicenda di Eugenio Lipschitz, padre di maddalena Heimler: anch'egli internato, prima a Campagna, poi a Piove di Sacco in provincia di Padova, dopo l'8 settembre si stabilisce a Trieste, dove viene arrestato dai nazisti.
Nella storia della famiglia Kugler avviene qualcosa di diverso.
Per diversi mesi la madre e tre figlie, fuggite da Fiume, avevano trovato rifugio e protezione sempre a Lugo. Da qui, però, si allontanano per raggiungere la Svizzera. Tradite dai loro accompagnatori, verranno arrestate e deportate. Delle quattro donne se ne salverà solo una. Il padre, internato prima a Notaresco e poi in provincia di Matera, si salverà.

Scorrendo l'elenco degli internati fiumani che furono deportati è possibile verificare la presenza di altri per i quali il percorso di internamento si ferma al 1941, mentre l'ultima residenza nota, prima della deportazione, in base alle ricerche di Liliana Picciotto è Fiume. Anch'essi, quindi, quasi sicuramente, erano stati prosciolti dall'internamento ed erano tornati nella loro città o nelle vicinanze.
Per gli altri, l'arresto avviene nelle zone in cui erano rimasti bloccati dall'internamento.

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